A Dio Valter, Fratello mio, Fratello nostro...

Il ricordo di Domenico Di Stefano

Domenico Di Stefano
03/04/2021
Attualità
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Poche ore fa abbiamo dato l'ultimo saluto a Valter Marinucci.

Che poi, a dirla tutta, l'ultimo saluto era solo il nostro, cioè di quelli che con il volto rigato di lacrime sono rimasti qui; Valter, invece, sta già in Paradiso e, nel suo caso, è al primo saluto tra gli Angeli e i Santi. Eppure abbiamo pensato che fosse uno scherzo, ecco, una specie di pesce d'aprile. Per questo tutti siamo rimasti attoniti e in attesa che Valter sbucasse da una colonna o da un vicolo e, con quella risata inconfondibile ed unica, si facesse beffe come solo lui sa fare, con ironia, con quella mimica facciale che è solo sua, magari con una battuta dialettale intrisa di vastesità musicale per tutte le orecchie. Ma Valter non si è fatto vedere, non così almeno. E allora ognuno di noi lo ha visto e rivisto con gli occhi del cuore.

Anche a me è successo, dunque, di riavvolgere il nastro di oltre 35 anni di amicizia e di affetto fraterno. Dai tempi in cui, scavezzacollo senza pensieri, andavo a casa sua in vespa e, puntualmente, Willy, il suo mitico primo cane, m'inseguiva per il giardino. Per me (e per tantissimi) la casa di Valter è stata, all'occorrenza, un rifugio, un confessionale, una sala relax, uno studio di sceneggiatura, un teatro, un cabaret, una chiesa, una scuola, un'aula di rimproveri, un ristorante, una gelateria (chi non ricorda il mitico freezer sul retro di casa stracolmo di gelati anche in inverno...), un'agenzia viaggi, una palestra di vita e di fede, la sede dell'Azione Cattolica diocesana, un luogo dove provare a diventare grandi e, a volte, dove provare la paura di esserci riusciti. E quante altre cose è stata la casa di Valter! Senza porte e finestre, senza orari, piena di gente, di ragazze e ragazzi bisognosi di un'attenzione, di una parola, di una “cazziata”, di una carezza decisive per cominciare o partire, molto spesso per ricominciare e per ripartire. Innamorato pazzo della Chiesa e dell'Azione Cattolica, capace come pochi di testimoniare e contagiare con i suoi Amori intere generazioni di giovani e giovanissimi. Valter, tra i pilastri e motori di quella straordinaria equipe diocesana AC guidata da un grandissimo ed instancabile assistente come Don Piero Santoro (oggi Vescovo di Avezzano che con voce rotta di commozione mi ha comunicato la tua salita al Cielo) e composta da tanti di noi, che non nomino per non dimenticare nessuno, e che mise cristianamente “a ferro a fuoco” l'intera diocesi di Chieti-Vasto che, tra l'altro, ebbe la fortuna in quegli anni di avere la “sponda” di un Vescovo “concreto” come Edoardo Menichelli. Le Eucarestie, gli happening, i ritiri, i momenti culturali e soprattutto i campi scuola di quegli anni sono ancora argento vivo nei ricordi di tutti quelli che vi hanno partecipato e tutti, nessuno escluso, ricordano il ruolo di Valter che, tra l'altro, cantava “Caruso” di Lucio Dalla l'ultima sera prima di chiudere i lavori. Valter aveva il dono del canto e la sua voce ancora adesso ci scuote come un vento forte che non ci lascia dormire. Valter veniva dalla scuola rigorosa del Card. Fagiolo che lo aveva indirizzato al servizio liturgico, arte che Valter aveva talmente studiato e perfezionato da assumere una professionalità da far “impallidire” il cerimoniere papale. Eppure è sempre riuscito a coniugare la disciplina con la “fantasia”, è sempre riuscito a “pensare giovane” e ancor di più a “parlare giovane” senza mai deflettere sui principi e sui veri protagonisti: Gesù Cristo e la Chiesa e, nella Chiesa, l'Azione Cattolica. Fino alle nuove avventure nella Confraternita della Sacra Spina e nell'organizzazione colta ed entusiasta del “Toson d'oro” che lui, chapeau, aveva trasformato in evento nazionale.

E poi? E poi ci sono tanti, tantissimi ricordi ed aneddoti personali che tornano prepotentemente a galla, che mi bagnano gli occhi e mi tremano le mani mentre provo a fare ordine laddove un ordine non c'è perché l'amore cataloga ma non ordina, la memoria balla a modo suo ma...non perde un ballo! Mi limito ad accennare ad un rapporto amicale forte, sincero, alla condivisione semplice ma mai banale di gioie e dolori, al suo essere mio testimone di nozze, alla tenerezza verso le mie bambine... e poi alle lunghe discussioni per preparare i Campi e di questi campi rammento centinaia e centinaia di giovani (e tanti cresciuti e grandi, oggi erano commosse presenze) e poi la nottata per gli ospedali della Val di Susa per assistere Gabriele che mesi dopo non ce l'ha fatta, oppure il piccolo incendio con mille lumini nella chiesa di Piancavallo o il kg d'incenso scivolato nel turibolo nella chiesa di San Martino di Castrozza che pareva la nebbia della pianura padana; e ancora l'animazione serale e i “miei” spettacoli e le mie follie che nascevano tutte a casa di Valter, con tanto di fotografie (Valter è sempre stato un appassionato di fotografia), di trucchi e di prove sghangherate. E poi il nostro grande amore per Renato Zero e, per quanto ti riguarda caro Valter per una canzone, “Ave Maria” e per quella frase che usavi spesso nelle catechesi: “Noi, sempre ad un passo dal cielo... poi davanti agli occhi quel velo...”. Oggi nella chiesa di Santa Maria Maggiore, la tua amatissima Parrocchia, dove ci siamo ritrovati per abbracciarti, mentre guardavo la bella Mamma che vegliava su tutti ho capito, finalmente, che quel velo erano lacrime copiose che io non sapevo nemmeno di avere e che, di fronte alla prova, la Fede ci chiede proprio di sollevare il velo e “pulire” lo sguardo, portarlo oltre la notte, ogni notte. Hai scelto di morire nella settimana più Santa dell'anno, o forse è meglio dire che è il Signore in prima persona che ama e sceglie gli Angeli con i quali conversare, o forse, chissà, il buon Dio aveva bisogno di un cerimoniere per un'occasione speciale e tu, si sa, sei il numero uno! Certo è che questa è una settimana di lacrime e dolore, ma la cui meta è la Resurrezione che io immagino come un sorriso senza fine, come quello che avevi in volto in quell'ultimo sguardo. Sai, avrei voluto chiederti cosa stavi sognando quando hai voltato pagina, chi ti stava accogliendo per renderti così sereno, così bambino in quel faccione rotondo su cui abbiamo scherzato nell'ultima telefonata: forse la tua carissima mamma, a cui ne abbiamo combinate tante ma che con noi rideva tanto, forse il tuo papà, forse Gesù stesso per mostrarti la strada tenendoti per mano, mentre indossi nell'ultimo viaggio quell'unico paio di scarpe graffiate e stinte che, in barba alle tue ginocchia sofferenti, erano le uniche che “ti facevano comodo”. E' accaduto che il tuo cuore grande, grande e soffice come i tuoi lunghi divani dove sedevamo anche in trenta, abbia smesso di ribellarsi alle ansie terrene, alla solitudine che mordeva, alle ingiustizie che pure ultimamente ti sono toccate per un lavoro che non c'era, per te non c'era, insomma è accaduto che il cuore, il tuo, abbia inteso anticiparsi un angolo di Paradiso e tu, generoso e immenso, curioso ed innamorato dell'Eterno non hai voluto lasciarlo solo, perché tu non hai mai lasciato solo nessuno. Nemmeno adesso che è una fatica terribile ammetterlo. E nemmeno Lizzy, il tuo cane gentile, che si è appisolato al tuo fianco mugolando lacrime e preghiere, carezzandoti con il naso e la coda come in un gioco senza fine. E senza fine è stata la fila che ti ha omaggiato nella sala del Commiato e in Chiesa e, devo dirtelo, la cosa che mi ha colpito non è stata la presenza nostra e di tutti quei volti che in questi anni di attività parrocchiale e diocesana hai incontrato, quanto quella di una variegata umanità a colori che ripeteva solamente che “sei uno buono, un generoso, una Bella Persona”. Non sai che piacere immenso scoprire i tuoi “misteri”, vedere confermata la tua passione per la gente, la più “lontana”, riscoprire la tua facilità di approccio, anche nei tuoi brontolii appassionati e ancora ascoltare questa continua litania d'amore nei tuoi confronti! Potrei chiuderla qui, dicendoti un Grazie che non si quantifica, che non m'interessa pesare: la gratitudine è un dono ed è merito tuo! Una sera di qualche tempo fa, hai insistito per una cenetta a casa tua con Angelo Primiano e con me. Angelo cucinava, tu allestivi la tavola con il servizio buono ed io ero addetto ai dolci e al vino. Fu l'ultima serata “nostra”. Avanzò una bottiglia di vino e tu la mettesti da parte “per la prossima volta”.

Ecco, caro Valter, quando ci sarà dato rivederci nel banchetto del Cielo ripartiremo proprio da quella bottiglia, ma non prima di un abbraccio di cui ti sono e ti siamo debitori, un abbraccio che in questa veglia del Giovedì Santo consegno al Cristo sofferente del Getsemani, consapevole che non è questa la fine ma è solo il passaggio per cui Cristo stesso spalancherà la porta dell'Eternità! E allora anche noi riprenderemo il nostro cammino cantando di te.
A Dio Valter, Fratello mio, Fratello nostro...

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