Supporto psicologico necessario per il personale sanitario per l’emergenza Covid

L'indagine della Cattedra di Psicologia Clinica dell'Università “d'Annunzio”

Redazione
27/11/2020
Attualità
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Sarebbe stato necessario ricevere un supporto psicologico, secondo il 54% degli operatori sanitari in prima linea per l'emergenza Coronavirus, ma di questi, la metà non ha avuto la possibilità di accedere ad alcun servizio, secondo quanto emerge dall'indagine sull'impatto del Covid-19 sulla salute degli operatori sanitari condotta dalla Cattedra di Psicologia Clinica dell'Università “G. d'Annunzio” di Chieti, durante il lockdown di primavera. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista statunitense PloS One ed ha coinvolto circa 1120 professionisti della sanità italiana, di cui la maggior parte donne (circa il 77%). Si tratta di infermieri (41%), medici (22%), OSS (20%), tecnici e operatori (17%) impegnati sia nelle prime linee ospedaliere e della medicina di base che nelle retrovie dei laboratori e dell'assistenza.

"L'obiettivo della nostra indagine,” afferma il prof. Piero Porcelli, Ordinario di Psicologia Clinica dell'Università G. d'Annunzio di Chieti,” è stato quello di mettere in evidenza la necessità di tutelare il benessere di chi si occupa della nostra salute. Siamo tutti in debito verso coloro che affrontano l'emergenza Covid-19 con rinnovata dedizione, coraggio e forza di volontà anche in questa seconda ondata. Soldati in prima linea: medici, infermieri, tecnici, professionisti vari della sanità, quasi sempre anonimi perché impegnati nel duro lavoro sul campo dove i momenti di gloria sono pochi e il prezzo da pagare è alto, come evidenzia la nostra indagine.”

 La ricerca evidenzia come la pandemia di Coronavirus abbia avuto un impatto significativo sulla salute psicologica, oltre che professionale, degli operatori sanitari impegnati in prima linea per contrastare la diffusione del virus nel corso della prima fase epidemica nella scorsa primavera.

Il 58% ha denunciato sintomi di depressione, il 57% di ansia, il 56% sintomi post-traumatici e il 35% ha affermato di sentire compromessa la propria efficacia lavorativa. Inoltre, il 61% degli operatori ha dichiarato di aver subito almeno una perdita tra pazienti, familiari e colleghi. Il 6% è stato contagiato ma ben il 50% non ne è a conoscenza per via della bassa accessibilità alle profilassi diagnostiche.

Tra gli operatori più a rischio di presentare disagio psicologico ci sono gli infermieri e gli OSS, le donne, gli operatori più giovani e quelli che lavorano nelle zone maggiormente colpite dall'emergenza (centro - nord della penisola).

 I dati relativi alla regione Abruzzo sono particolarmente incisivi. 237 operatori sono stati coinvolti nell'indagine: infermieri: 45.6%; medici: 35.4%; operatori socio-sanitari: 8%; tecnici: 10.9%. Tra loro il 45.1% ha subito almeno un decesso tra pazienti, familiari o conoscenti. Il 25.3% di tutti gli operatori sanitari abruzzesi ha sentito necessità di supporto psicologico.

Restringendo il campione agli operatori in prima linea (184) sale al 52,2% il numero ha subito almeno un decesso tra pazienti, familiari o conoscenti. Il 27,2% di tutti gli operatori sanitari abruzzesi ha sentito necessità di supporto psicologico. Il 19.6% per sintomi depressivi; il 28.3% per sintomi di ansia; il 51.1% per sintomi post-traumatici; e il 23.9% sintomi di burnout.

I dati segnalano l'urgenza di interventi di supporto psicologico, finalizzati a sostenere gli operatori che quotidianamente si confrontano con l'emergenza, di riduzione del carico emotivo e del burn-out.

 

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