Maria Antonietta Zinni, imprenditrice agricola nella Masseria Zinni, in Contrada Padula, fa il punto sull’Agricoltura del nostro territorio. Ha nella sua azienda agricola anche un home restaurant dove cucina unendo tradizione, innovazione e creatività, organizza molti eventi culturali, musicali, di benessere, nel suo spazio olistico, cercando e sperimentando esperienze dove stare bene. Proprio per tutte queste attività ha vinto nel 2019 il premio Matera degli Stati generali delle donne. come riconoscimento delle notevoli innovazioni che in questi anni ha saputo introdurre, riuscendo a trasformare la casa colonica di famiglia, facendola diventare meta di numerosissimi buongustai, che vi trovano prodotti tipici e topici, ricette antiche, sottoli e marmellate della tradizione contadina, con un’attenzione ai sapori enogastronomici autentici.
Dice che in molte regioni italiane, tra cui l’Abruzzo e il Molise, c’è la tendenza in questo periodo di affittare o vendere il terreno agricolo per il fotovoltaico, perché consente rendite annuali molto interessanti, sicuramente superiori a quelle della vendita dei prodotti agricoli. Questo perché le spese fisse dell’agricoltura sono oggi superiori ai ricavi. C’è l’imu, che a volte ha un costo fisso elevato specie se il proprio terreno è in una zona industriale, c’è il costo del Consorzio di Bonifica per l’irrigazione e manutenzione, per un territorio che però non è presidiato, ma abbandonato sia dagli enti che dalle persone che non riescono a gestire questi costi. C’è inoltre la difficoltà di avere il ricambio generazionale, perché i giovani non vogliono accollarsi i costi del terreno. C’è infine una forte diminuzione della redditività delle coltivazioni.
La situazione è diversa per chi ha spinto verso la polifunzionalità dell’azienda, aggiungono valore aggiunto. Coloro invece che svolgono una mera produzione, affidata alla grande distribuzione o alla cooperativa che vende il loro prodotto, sono perdenti in questo momento. Gli imprenditori agricoli che hanno anche un reddito fisso riescono ancora a farcela, ma il mercato sempre più globalizzato non aiuta.
Maria Antonietta Zinni dice: “Abbiamo tradito le aspettative dei nostri genitori che invece sono stati lungimiranti.” Se continua la vendita dei terreni per realizzare gli impianti fotovoltaici, o se più semplicemente si comincerà ad abbandonare la campagna, avremo il rischio di non avere i prodotti locali. Ma, dice Maria Antonietta, “l’alienazione di un ettaro di terra a destinazione agricola è un fallimento della comunità. Dovrebbe essere salvaguardato, non abbandonato, è un bene comune. La collettività perde così un bene importante.“
Tra le necessità che ha l’agricoltura in questo momento, c’è quella di rivedere gli oneri che gravano sul terreno, incentivare con finanziamenti europei le necessità della base, senza imporre dall’alto delle misure standard. Bisogna fare le scelte giuste per incentivare il reddito degli agricoltori. L’Agricoltura ha un’emergenza elevata ma nessuno più ne parla, tutti ormai sono remissivi, perché hanno sperimentato che diventa inutile qualsiasi azione. Basterebbe poco, aggiunge Maria Antonietta: “Incentivi a chi vive in campagna, a chi presidia il territorio, a chi si occupa della manutenzione dei canali.
Racconta che al tempo di suo padre, si prendevano 30, 40 persone a lavorare. Ora non è più possibile pagare la giusta retribuzione a tutte queste persone. Si preferisce coltivare meno ma non sfruttare le persone. Ma dice che siamo ipocriti quando pensiamo che noi siamo contrari al caporalato e poi nella grande distribuzione acquistiamo prodotti ad un prezzo eccessivamente basso. “Come fa a costare così poco? C’è il prezzo del barattolo, del trasporto e del prodotto, quanto è costata la retribuzione delle persone che hanno lavorato?” E’ necessario dice Maria Antonietta fare delle proteste silenziose, boicottando questi prodotti, che provengono dallo sfruttamento. Dobbiamo essere più attenti a dove compriamo i prodotti, devono essere preferiti quelli a km 0, quelli che conosciamo, quelli del nostro territorio per fare cerchio insieme, per puntare sulla qualità dei prodotti, su prodotti buoni, che fanno stare bene, riscoprendo l’importante relazione sulla qualità del cibo e benessere.
Si parla, dice Maria Antonietta in questi anni, di Turismo esperienziale. “Ma se abbiamo abbandonato la campagna quali esperienze possiamo far vivere al turista? E’ necessaria una nuova sinergia tra agricoltori, produttori e turismo. Il turista deve essere accolto dalla comunità. “
Il nostro territorio si presta ad un turismo diverso, ha molte risorse, ma non sempre si riesce a valorizzarle. Il contadino non deve solo vendere il suo prodotto, deve saperlo raccontare, deve parlare anche del territorio. Il degrado delle campagne però diventa una mancata risorsa turistica.
Ci sono state delle opportunità ma non sempre si è stati lungimiranti nel saperle cogliere. Questo territorio va ripensato insieme a chi fa turismo, alla politica, ai produttori. Sicuramente le regioni vicine, Emilia Romagna, Toscana, Puglia sono più avanti. E’ necessario ritrovare il senso, ripartire da chi questo senso lo vuole ancora, individuando le persone che vogliono esserci, aiutarli nelle necessità.
Il turismo esperienziale potrebbe offrire una grande opportunità allo sviluppo dell’agricoltura. Il turismo non è più “cosa mi offri” ma “come mi fai sentire”: ora al centro c’è la persona. C’è una nuova frontiera del turismo dove la parola “esperienza” sta modificando l’approccio al viaggio. Un modello che ha fatto nascere startup in tutto il mondo, Italia inclusa, creando una nuova fetta di mercato che si definisce “esperienziale”. In questo tipo di vacanze il turista, anche in campagna, nelle masserie, impara qualcosa, allarga i propri orizzonti, torna a casa non soltanto con le foto, o con i prodotti, ma con il ricordo e le emozioni di un’esperienza ed un bagaglio culturale arricchito: tours culturali, esperienze gastronomiche, attività naturalistiche o sportive, scoperta delle proprie radici, laboratori artigianali.