Il 26 giugno alle ore 16,30 presso l’area trattamentale della Casa Lavoro di Vasto la “Compagnia dei Cartoneros” nell’ambito del progetto “Coltiva la Cultura” nella “Bottega incontro”, in raccordo con la direzione della Casa Lavoro porta in scena la commedia teatrale “Le Maschere della Fratellanza”.
La rappresentazione è il frutto di un lavoro di incontri svolto dal gruppo di donatori del tempo che ha avuto inizio il 17 febbraio del corrente anno.
Esso è un momento di riflessione verso una realtà dura e molto spesso scomoda, come quella della Casa Lavoro di Vasto, che merita una maggiore attenzione in termini istituzionali e di volontà. La coordinatrice, nonché autrice, regista ed interprete, è Miranda Sconosciuto, maestra carceraria CPIA presso la stessa struttura detentiva.
“Nella decennale esperienza come insegnante specializzata di scuola elementare carceraria per adulti, molti all’esterno mi chiedevano, l’utilità del mio ”elementare” ruolo istituzionale, soprattutto con una utenza adulta così particolare. Come? Mi chiedevano. La scuola elementare in un carcere per adulti? Erano ricorrenti queste domande in quanti stupiti ed incuriositi si interessavano alla realtà degli uomini reclusi ed internati.
E cosi è maturato in me il desiderio di accendere i riflettori su questa realtà per far conoscere, oltre le mura, l’importante ruolo dell’insegnamento in un carcere, sin dai suoi basilari strumenti di prima alfabetizzazione in una realtà così particolareggiata come quella di una casa lavoro con uomini internati.
L’articolo 27 della Costituzione afferma che le pene devono tendere alla rieducazione dell’uomo condannato, e poi, ancora, numerosi protocolli ministeriali la ridisegnano nel proprio ruolo specifici ed altamente “rieducativi”. La scuola in un carcere ha proprio questo ruolo, quello di “rieducare” in modo speciale con una didattica che va oltre quella tradizionale, obsoleta e promotrice, nella storia, di così grande dispersione e numerosa devianza . La scuola in un carcere è il capovolgimento del sistema scolastico tradizionale ormai troppo fallimentare che ha segnato nel tempo molti suoi alunni . La scuola tradizionale è troppo legata ad un “sapere” da trasmettere troppo contenutistico, che da poco attenzione al “saper fare” promotrice di un “saper essere” efficace. La scuola in un carcere nella sua didattica specializzata va a ritroso e parte proprio dal “saper fare” in termini di metodologie differenziate. In soldoni si fa italiano, leggendo, si di scrittori ed autori della letteratura analizzando nello stesso tempo il loro pensiero esistenziale e così si riflette sui propri e personali “compiti di realtà” su cos’è la vita, quella vera sentita e vissuta in emozioni e in bisogni sentiti e più vicini ai propri vissuti. La scuola in carcere è una scuola speciale, sembrerebbe una bottega, come quelle dove i nostri nonni andavano ad imparare un mestiere. Ed è proprio così, la scuola dentro le mura è “bottega di vita” dove si impara “il mestiere del vivere”, quello che educa al rispetto della sentita “felicità” quella da ricercare e scoprire in “sani” e “semplici” valori. Nella scuola in un carcere “ci si conosce” e “ si riflette” sulle esperienze di vita di “ciascuno”, si “valorizzano” le risorse di “ognuno” e si diventa “utili” per “se stessi” e gli “altri”. In essa si educa alla “felicità” che è “ una vita piena di libertà, più che di tante cose, o prima di altre cose”. Nella scuola in un carcere si rieduca il “sogno” di una felicità “libera” che allontana da comportamenti devianti e guida verso la scoperta e consapevolezza del valore della “bellezza” che è presente in ognuno di noi. I vissuti scolastici così diventano “significativi” e altamente “rieducativi”.
Quindi, mi sono chiesta, perché non ripartire dalla “bellezza” generata dall’arte in tutti i suoi linguaggi da quello musicale a quello letterario attraverso il teatro? Il teatro è catarsi ed altamente rieducativo in quanto in esso, ognuno si prende cura di se stesso e mette in gioco la parte migliore di se, ripensa alle cose successe, superandole”. La Compagnia dei Cartoneros è composta da “donatori” del tempo dalla appassionata ed appassionante cantante di musica napoletana Anna Maione al bravissimo chitarrista Nunzio de Palma, alla erudita e colta libraia Emanuela Petroro, alla entusiasta ed entusiasmante attrice teatrale Anna Lisa Mincone, e all’ unico e speciale coach emotivo Francesco Paolo Di Nanno che con la sua tenerezza ha donato a tutti noi momenti “Up” di semplice e disarmante verità“.
Vorrei donare un in bocca al lupo per l’inizio di un così importante percorso a “Noi” tutti Emanuela, Anna, Nunzio, Francesco Paolo, Anna Lisa, Emanuele, Antonio, Luigi, Demis, Vincenzo, Alessandro, Francesco del service e un grazie speciale alla direttrice della Casa Lavoro dott.ssa Giuseppina Ruggero, al comandate Nicola Pellicciaro, alla responsabile l’educatrice Antonella Tondi, agli agenti di polizia penitenziaria che tra le numerevoli difficoltà hanno permesso che tutto questo si realizzasse. Grazie ancora alla ditta “Dgiraffa” di Raffaele Di Giacomo e “Dado ricami” di Donatella Della Penna ed ancora alle colleghe Roberta Carafa e Anna Giulia Abate per il loro contributo in termini di “saper fare” per la scenografia realizzata e l’assista musica”.
"Le Maschere della fratellanza” avrà in futuro sempre nuovi spettatori nella sua stagione autunnale ed invernale per il momento proviamo partendo da piccoli passi.
La maestra carceraria
Miranda Sconosciuto