Nella primavera scorsa un gruppo di ristretti presso la Casa lavoro di Vasto, aiutati da volontari, hanno realizzato a mano dei piccoli oggetti artistici, che sono stati venduti all’esterno grazie alla collaborazione dei sacerdoti don Silvio Santovito, don Massimiliano Civinini e don Gianfranco Travaglini. Il 19 dicembre, nel corso di una manifestazione svoltasi all’interno dell’Istituto, uno dei ristretti che ha partecipato al progetto, a nome suo e dei compagni, ha consegnato simbolicamente la somma ricavata all'associazione “Una scuola di arcobaleni”, nelle mani del presidente d.ssa Costanza Cavalieri, Dirigente dell’Istituto Scolastico Superiore “ A. Marino” di Casoli, accompagnata nell’occasione anche da alcuni suoi studenti.
La d.ssa Giusi Rossi, uno dei funzionari giuridico-pedagogici della Casa di lavoro e referente del progetto, ha sottolineato che il laboratorio artistico-manipolativo tenutosi all’interno dell’Istituto ha consentito di impegnare i ristretti, alcuni dei quali anche con disagi di carattere psichico, in attività creative e soddisfacenti, il cui valore è stato accresciuto dalla finalità sociale dell’iniziativa: “ E’ un piccolo gesto di solidarietà che nasce in un luogo speciale, dove le persone, anche se al momento private della libertà, possono essere e sentirsi utili a qualcun altro, anche se da lontano. Il risultato raggiunto ci rende orgogliosi, ma altrettanto ci rende felici il percorso condiviso con i volontari e altre Istituzioni del territorio (scuole, parrocchie, privati); insieme abbiamo avuto la preziosa possibilità di parlare del carcere in positivo, come di un luogo e di una comunità di persone che, grazie anche allo stimolo e all’aiuto della società libera, possono responsabilmente riflettere sulle scelte compiute e anche riparare, in qualche misura e indirettamente, al danno a suo tempo arrecato con la commissione del reato”.
La dott.ssa Giuseppina Ruggero, attuale direttore degli Istituti penali di Vasto e di Chieti, ma che da gennaio 2019 dirigerà solo la struttura istoniense, ha elogiato questa iniziativa, ringraziando anche i volontari grazie ai quali questo progetto si è potuto concretizzare e la dottoressa Rossi che ha saputo costruire un’efficace interazione di rete con il territorio. “Spesso molti ospiti hanno delle capacità manuali che nella maggior parte dei casi diventano semplici modi per ammazzare il tempo in carcere, restando fini a se stesse. Invece, grazie all’iniziativa, questi oggetti hanno acquistato una luce diversa e sono serviti per fare del bene fuori dal carcere, raggiungendo persone in situazioni di povertà e di bisogno. Nello stesso tempo, questi oggetti sono divenuti per gli ospiti stessi l’occasione per acquisire la consapevolezza di avere la capacità di poter fare qualcosa di buono con le loro mani, qualcosa che ha un valore riconosciuto anche all'esterno. La responsabilità di quello che si fa è una cosa importantissima; quando un detenuto o un internato (così si chiamano le persone sottoposte alla misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro) si comporta in maniera corretta sono la prima a riconoscerlo e ad evidenziarlo, anche riferendone al giudice. In precedenza ho affidato dei lavori di manutenzione straordinaria della struttura detentiva a degli internati, dando loro ampia fiducia, fiducia che è stata ripagata poiché essi hanno fatto un lavoro eccellente e il loro impegno, grazie alla serietà e alla responsabilità con cui lo hanno portato avanti, li ha aiutati anche a riconquistare la libertà. Lo stato giuridico dell'internato è molto particolare, difficile da comprendere e da accettare e per certi aspetti paragonabile a una sorta di limbo. La legge italiana è una delle poche che prevede la possibilità di trattenere in carcere chi ha già scontato la pena, ma è ritenuto ancora socialmente pericoloso e, per questo, non idoneo a ritornare alla normale vita di relazione. Ci sono anche casi in cui viene disposta la proroga della permanenza nella Casa di lavoro semplicemente perché alcuni, dopo aver vissuto lunghi periodi in carcere o comunque in situazioni di marginalità sociale, non hanno un posto dove andare e nessuno che li aspetti. Qualche tempo fa un uomo sottoposto a questa misura di sicurezza è morto all’interno dell’Istituto poiché non è stato possibile reperire un’accoglienza alternativa all’esterno”
La dottoressa Costanza Cavaliere ha illustrato le finalità dell'associazione “Una scuola di arcobaleni”, che nasce all'interno dell’ambito scolastico per raccogliere fondi e realizzare progetti di solidarietà concreta nei luoghi del mondo dove ce n’è bisogno (scuole, ambulatori, etc.); lo ha già fatto in Brasile ed è attualmente impegnata in Africa (Senegal) “ Nella nostra parte occidentale e privilegiata del mondo siamo spesso chiusi all’interno di una prigione invisibile che è quella delle abitudini, dove tutto si ripete sempre uguale e spesso sembra che sia tutto scontato. Questo atteggiamento si riscontra anche tra i giovani, che non riescono più ad apprezzare ciò che hanno e vedono la scuola stessa come un semplice obbligo e null'altro. Se considerassimo che qualunque essere umano è nato da un atto d'amore avremmo sempre ben presente la straordinaria importanza delle relazioni che si instaurano gli uni con gli altri. Aristotele diceva che un uomo è tanto più libero quante più relazioni ha saputo costruire nella sua vita. Nel realizzare i suoi progetti, la caratteristica specifica dell’Associazione è quella di stringere rapporti di collaborazione con le comunità locali, chiedendo loro di cosa hanno bisogno e come procedere per realizzarlo insieme. Ogni anno almeno 4/5 ragazzi dell'ultimo anno delle superiori si recano nei posti dove si sta realizzando il progetto, per parteciparvi in maniera concreta e accrescere la loro consapevolezza di cittadini e di esseri umani solidali, che non vogliono rimanere indifferenti davanti alla sofferenza di altri esseri umani e desiderano fare la loro parte per porvi rimedio.
La somma di 500 euro può sembrare piccola nella nostra parte di mondo, ma in quei luoghi con questa cifra si possono realizzare molte cose in grado di incidere profondamente nella vita delle persone e cambiarla in meglio: costruire un pozzo, pagare lo stipendio di un anno di un insegnante o di infermiere, acquistare una pompa per l'irrigazione dei campi oppure ancora acquistare 5 pannelli solari permettendo di portare energia dove non esiste o acquistare un depuratore di acqua. "Quando siamo lì, cerchiamo sempre di rispettare il loro modo di essere e la loro cultura; vi abbiamo spesso incontrato una grandissima dignità e solidarietà, valori che purtroppo nelle nostre città si sono perse. Anche chi ha poco, se si accorge che nel villaggio c'è qualcuno che non ha, quel poco che ha lo condivide con gli altri”. Gli studenti presenti dell’I.I.S. di Casoli hanno offerto la propria testimonianza circa l’attività dell’Associazione.
Alla manifestazione ha assistito anche l'Assessore comunale all’Istruzione Anna Bosco, che ha tenuto a sottolineare che la Casa di lavoro di Vasto è parte integrante del territorio locale e che le iniziative che mettono in connessione il dentro con il fuori, il carcere con la società rappresentano un vantaggio per tutti. Anche don Gigi Giovannoni della Comunità per tossicodipendenti “Soggiorno Proposta” di Ortona ha preso la parola per incoraggiare ristretti e operatori a saper cercare con coraggio il cambiamento, prima dentro sé stessi e poi nel mondo migliore e più giusto che insieme si può costruire.
Erano presenti anche la dirigente scolastica Concetta Delle Donne e i volontari del gruppo letture che hanno contribuito a fare rete in questo progetto.