“Oggi stanno tutti col cellulare in mano. Non si comunica più, non c'è più dialogo. Si vive la vita virtuale e non più quella reale. Parlare di persona ormai è una rarità”.
Così, Luigi Bassani, vastese doc perché, come dice lui, “qui sono nato e non me ne sono mai andato, almeno per ora”, descrive la società contemporanea, sostenendolo a gran voce da un punto di vista privilegiato, il suo negozio in via Canaccio, in cui l’esperienza e il contatto quotidiano con la ‘gente’ ne conferiscono una referenziata veridicità.
Non sono del tutto precise le notizie riguardanti l’apertura dell’esercizio commerciale, ma l’attuale titolare la colloca più o meno a circa un centinaio di anni fa: “Mia nonna materna faceva di cognome Smargiassi ed era vastese al 100%, mentre mio nonno, Tenaglia, era originario di Orsogna. L'attività è nata all’incirca nel 1920 e fino agli anni ‘50 è stata gestita da lui. Poi sono subentrati zio Giovanni, zia Gorina e mia mamma Michelina. Il negozio si trovava in piazza Rossetti. Nel 1973 si sono divisi e mia mamma ha aperto l'attuale punto che oggi porto avanti io”.
Luigi Bassani, data la sua età, per così dire, mediana, ha fatto da ponte tra la vecchia e la nuova generazione, per cui ha potuto constatare le conseguenze dei cambiamenti che la società ha subito, soprattutto all’indomani della diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione.
Cosa succederebbe se un improvviso blackout globale ci lasciasse senza internet?
Se dovessimo rimodulare le azioni quotidiane che oramai consideriamo scontate e fossimo trasportati indietro nel tempo? Se non potessimo più aprire finestre virtuali per comunicare?
Mentre un’intera generazione non sa, molto probabilmente, come si possa vivere “non connessi”, un’altra, cresciuta nell’era pre-internet, sarebbe in grado di rispondere a queste domande, non senza far trapelare tanta nostalgia: “Durante la mia vita di commerciante – racconta Bassani - ho avuto tanti clienti affezionati che poi sono diventati come la mia famiglia. Oggi molti sono anziani, qualcuno non c’è più. La morte di uno di loro mi colpisce moltissimo. È come se perdessi una parte di me. Un signore, che abitava in corso Dante, prima di morire ha chiesto alla moglie di telefonarmi perché non se ne voleva andare senza prima rivedermi. C’era un grande rispetto. Se mi avesse lasciato 100 milioni, non mi avrebbe fatto commuovere così come ha fatto con questo gesto”.
La simpatia travolgente e le innate capacità comunicative di Luigi, nonché il sorriso e il fare gentile, sono patrimonio di questo tempo che non c’è più, ma che grazie al suo, seppur piccolo, contributo, rivive attraverso gli imperdibili sketch che spopolano sulla sua pagina Facebook e che dimostrano come anche lui sia dovuto scendere a compromessi con i social, ma per un buon fine: “nei video ricordo e racconto quello che succedeva in negozio negli anni d’oro, gli ‘80. La gente veniva a raccontare le proprie storie. Oggi qui non viene più nessuno, sono tutti troppo impegnati a comunicare con i telefonini. Mia zia scherzava con la gente, si faceva apprezzare e vendeva tantissima roba. Oggi la solitudine ha raggiunto livelli altissimi. Le persone non parlano, hanno paura di raccontarsi perché non vogliono essere giudicate. Invece prima si sentiva il bisogno di condividere le proprie esperienze come richiesta d’aiuto. C’era più amore di famiglia. Io non sono una persona pessimista, ma sinceramente non vedo un grande futuro per questi giovani. Oggi al minimo problema tra amici o parenti, si litiga e non ci si perdona più”.
Luigi, passa in rassegna tante storie legate all’esperienza commerciale della sua famiglia. Ci racconta quando lui stesso si recava presso le piccole aziende produttrici di mobili, per poi rivederle in negozio. La Vasto che rivive nei suoi ricordi e nei suoi racconti è piena di movimento e condivisione: “ora vanno tutti ai grandi centri commerciali. È dura per i piccoli negozi del centro. A Vasto, poi, c’è poca gente in giro, soprattutto nel centro storico e, quindi, le attività storiche fanno fatica a sopravvivere.
Noi prima vendevamo i mobili. Le persone venivano in negozio e li potevano vedere dal vivo, mentre adesso si preferisce comprarli in queste grandi catene, scegliendoli sul catalogo. I mobili erano buoni, duravano anni e anni. Oggi la qualità è scadente.
Poi, da quando hanno chiuso le scuole elementari in piazza, il centro non esiste più. In qualsiasi altro posto d’Italia vedi che nel cuore della città c’è la vita! Qui a Vasto non c’è nessuno, soprattutto da quando hanno tolto le scuole gli hanno tolto la possibilità di vivere grazie al movimento che si creava con i bambini. Hanno levato le scuole, hanno levato la vita. Al negozio, per esempio, si fermavano sempre le mamme e qualcosa si vendeva sempre. Oggi il centro vitale della città si è spostato in altre zone”.
Luigi conclude ricordando una vecchia massima di suo nonno, per lui cara e attuale: “Mio nonno diceva sempre che l'umiltà rompe i ponti. Se tu ti comporti bene, a lungo andare ne sei positivamente ripagato”.