Il suo processo non sarà celebrato e l'incatenarsi davanti al cancello del tribunale di Avezzano, solo alcuni giorni fa, per chiedere un processo veloce e per non fare la fine di Enzo Tortora, rimarranno le sue ultime importanti dichiarazioni. L'ex ciclista abruzzese Vito Taccone, soprannominato ''Il Camoscio d'Abruzzo'', è stato stroncato da un infarto questa notte nella sua abitazione di Avezzano. A scoprire il corpo senza vita il figlio e ogni tentativo di rianimare l'ex campione è stato inutile. Arrestato il 14 giugno con altre undici persone, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al commercio di capi d'abbigliamento con marchi contraffatti o provento di furti, Taccone si è sempre dichiarato innocente e ''vittima'' dell'inchiesta le cui indagini erano state condotte dalla Guardia di Finanza. ''Non voglio fare la fine di Enzo Tortora'', disse la settimana scorsa incatenato al tribunale dove poi fu ricevuto da un giudice che gli garantì un processo in tempi brevi. ''Oggi - disse confortato da quell'incontro - ho potuto constatare l'umanità di persone di cui a volte ci si fanno concetti sbagliati. Vedrete - aggiunse - che dimostrerò presto la mia innocenza''. Quelle di Taccone sono state una serie di scalate solitarie, dal Giro d'Italia ai guai con la giustizia, passando per le celebri polemiche al ''Processo alla Tappa'' di Sergio Zavoli. Scalatore provetto nella fase più prospera dalle sua carriera, Vito Taccone era nato ad Avezzano il 6 maggio del 1940. Nel 1961 vinse il Giro di Lombardia avendo al meglio sul fortissimo Mauro Di Sormano. Nel 1964, poi, durante il Tour de France, venne accusato di aver provocato diverse cadute negli arrivi in volata per i suoi scatti scomposti. Il soprannome di ''Camoscio d'Abruzzo'' gli venne affibbiato, infatti, non solo per le sue doti di scalatore, ma anche per il suo carattere irruente. Celebre la scazzottata con il corridore spagnolo Fernando Manzaneque. Finita l'attività agonistica intraprese varie attività, rimanendo un personaggio popolare, ''dal cuore d'oro'', come tutti lo ricordano. Attualmente era titolare di un'azienda per abbigliamento sportivo, la stessa per la quale era rimasto invischiato nell'inchiesta della magistratura.