Vasto e un'idea di futuro che manca

Il 'no' al cementificio nell'area industriale di Punta Penna a ridosso di Punta Aderci è certificato, ma del vicino porto che si fa?

Gianni Quagliarella
29/01/2018
Attualità
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La sfida è lanciata. Che siano stati 600, come stima il Commissariato oppure 800, il numero fornito dagli organizzatori, poco conta: ieri, tra Punta Penna e Punta Aderci, erano in tanti.

Il fronte ambientalista o, come preferisce definirlo Lino Salvatorelli dell’Arci, il movimento per la qualità della vita, sembra essere ormai l’unico capace di mobilitarsi. E di mobilitare. A farlo, oltretutto, in maniera quasi spontanea, grazie al veloce tam tam della rete. Fermo il no al cementificio, convinto, invece, il sì allo sviluppo verde, al Parco della Costa Teatina e alla Via Verde dei Trabocchi.

Non c’è partita all’apparenza: chi, alle polveri sottili, al viavai di camion su e giù tra porto e Statale 16, non preferirebbe, invece, spalancare i polmoni alla salmastra e buona aria marina, cimentarsi in salutari passeggiate in bicicletta, concedersi, anche d’inverno, una sosta romantica con vista mozzafiato sull’orizzonte blu dal promontorio simbolo dell’invidiata riserva? L’ho già scritto, qui, qualche giorno fa: l’opposizione al progettato cementificio è legittima e condivisibile.

Ma, sì, c’è un ma, anzi, più d’uno. Lo sanno bene anche loro, Salvatorelli, le associazioni, i cittadini che protestano: accanto alla riserva vive a lavora un porto. Uno scalo vitale, un bacino che, a scorrere i dati, cresce e si consolida. E’ vero, l’esperimento dei maxi container da spedire via mare a Trieste è di fatto fallito, ma questo non basta a bocciarne presente e futuro. Il passato, forse, quello sì, quando si decise di farlo, ma ormai è un rimpianto della storia. E allora: che si fa del porto? Lo si relega a scalo per la pesca o lo si riconverte in turistico? Con tutti i milioni di euro spesi per infrastrutture e dragaggio? Il porto esiste perché ci sono le industrie. Ho un’ altra domanda da fare: esistono industrie prive d’impatto sull’ambiente? Magari sì ma, prego, si facciano avanti esperti seri. Quella di Punta Penna, non dimentichiamolo, è un’area industriale. E la politica, non solo quella di oggi, non mi sembra abbia la forza di cancellarla con un colpo di spugna, suggerendo o intimando alle aziende di spostarsi altrove.

Quel che manca, al momento, non solo a Vasto, è un’idea di futuro. Se, come pensano gli ambientalisti, l’area industriale è il peccato originale, si trovino forza e risorse per alimentare democraticamente la lotta. Altrimenti, se non sarà il cementificio, domani spunterà un qualche altro piano produttivo guardato con sospetto.

I no resteranno no, certo, ci saranno altre marce silenziose, ma potrebbe non bastare.

Foto di Ercole Michele d'Ercole

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