Un lavoro che ti porta ad avere a che fare con persone anziane e/o non autosufficienti è un lavoro molto delicato e molto importante.
Una volta era la famiglia stessa che si occupava di gestire queste fasi della vita così delicate. Oggi i tempi sono cambiati e non sempre i ritmi socioculturali consentono di poter prestare questo tipo di assistenza. E anche se la famiglia riesce ad assistere un familiare in queste particolari condizioni, comunque si rende necessario un supporto esterno sia di tipo assistenziale e sia medico- infermieristica.
Marianna Bucci è una sansalvese che con grande amore presta assistenza domiciliare per conto del comune di San Salvo.
Ha conseguito una laurea in Scienze Politiche a Milano e ha anche seguito corsi di specializzazione di Tecnico del Sistema Qualità e nell’uso dei software della TeamSystem.
Dopo il matrimonio si è dedicata alla famiglia e quando l’ultimo figlio è entrato alla scuola dell’infanzia ha cominciato a cercare un lavoro part time che le consentisse di continuare a occuparsi della famiglia e in contemporanea a contribuire al ménage economico familiare. Dopo varie ricerche vane, ha visto l’annuncio di un corso per badanti organizzato dal comune di San Salvo, l’Akon Service e l’Istituto Salesiani di Vasto. Molti suoi conoscenti e familiari le dicevano: “ma sei laureata, perché vai a fare questo corso?” Marianna non ci vedeva niente di male, ma solo l’opportunità di intraprendere un lavoro dignitoso part time le che consentisse di continuare a fare la mamma a tempo pieno.
E così dopo la preselezione, da febbraio a luglio 2006 ha seguito le lezioni teoriche che fornivano elementi di psicologia, primo soccorso, primi rudimenti infermieristici, come movimentare gli utenti e simili. Dopo la teoria ha seguito due mesi di stage, uno come assistente domiciliare e l'altro in una struttura.
Durante l'esperienza sul campo, ha potuto vedere le differenze dei due contesti lavorativi. Nell'assistenza domiciliare i ritmi di lavoro sono costanti mentre nelle strutture si alternano momenti molto intensi (la sveglia dei pazienti, i pasti, e la messa a letto) e periodi morti. Il contatto umano è più facile a casa, mentre nella struttura è più complicato sia per il numero dei pazienti e sia perché per non somatizzare la sofferenza altrui si è costretti a non lasciarsi coinvolgere emotivamente.
Il lavoro nella struttura era impensabile soprattutto per il fatto che prevedevano i turni e ciò non le avrebbe consentito di occuparsi dei figli come voleva lei.
E così dopo il corso ha cominciato a lavorare come assistente domiciliare con un rapporto di prestazioni occasionali per conto della cooperativa Futura. Non aveva nessun diritto in caso di malattia o infortuni. Le hanno suggerito di rivolgersi a Maria Giulia Moretta che gestiva la cooperativa Nuova Solidarietà per un'eventuale assunzione. Anche Maria Giulia, che la conosceva perché le aveva insegnato religione alle superiori, le disse: “Ma perché vuoi fare questo lavoro. Sei laureata ti puoi inserire nel mondo della scuola anche come assistente o insegnante di sostegno”. Ma Marianna insistette dicendo che intanto andava bene pure quel lavoro e se poi si creava l’occasione poi si vedeva.
E così ha cominciato a lavorare con un contratto a tempo indeterminato in questo settore. Quattro utenti al giorno per un’ora ciascuno con esigenze variegate, semplici pulizie domestiche, cura della persona e talora anche solo compagnia. Ci sono famiglie attente e collaborative e altre invece che si disinteressano o addirittura non consentono di instaurare un buon rapporto con l’utente.
Spesso capitano persone che non hanno nessuno o che sono abbandonate a se stesse e che hanno anche semplicemente bisogno di scambiare qualche chiacchiera con qualcuno.
Prima le prestazioni di assistenza domiciliare erano a totale carico del Comune e gli utenti davano solo un piccolo contributo. Oggi con le nuove basi di determinazione del sistema assistenziale, i compensi degli assistenti domiciliari sono fondamentalmente a carico delle famiglie che spesso preferiscono rivolgersi a straniere non sempre qualificate. È importante valorizzare la professionalità di questo lavoro e creare un sistema di rete con le parrocchie e gli altri enti che hanno a che fare con queste tipologie di potenziali utenti. Tante sono le persone che ne avrebbero bisogno ma che neanche chiedono il servizio semplicemente perché nessuno si occupa di loro. Solo per fare un esempio c’è una signora vicina di casa di un’assistita di Marianna che vive da sola e che quando sa che va lei si aggrega per fare quattro chiacchiere.
“Quando si entra in una casa bisogna farlo quasi in punta di piedi e con la massima delicatezza e rispetto, avendo riguardo delle abitudini e dei desideri degli utenti. Bisogna saperli ascoltare, anche se ti ripetono cento volte le stesse cose. Tante persone che avevano definito questo lavoro inadatto a un laureato nel tempo si sono rese conto dell’importanza di questa professionalità. È un lavoro che richiede una grande umanità. Per il loro compleanno e a Natale porto loro un piccolissimo pensierino giusto per dire loro che sono nel mio cuore. La formazione è stata importantissima perché mi ha dato delle competenze che mi consentono di fare bene il mio lavoro. Ogni lavoro va fatto dando il meglio di sé a prescindere da quello che si fà”.