Flora Boschetti, la prima consulente del lavoro di San Salvo

Maria Napolitano
16/12/2016
Personaggi
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Maria Flora Riccione, da tutti conosciuta a San Salvo col cognome del marito Flora Boschetti, è una donna che ha accompagnato lo sviluppo di una buona fetta del tessuto economico di San Salvo.  Di seguito l’intervista alla titolare del primo studio di consulenza del lavoro aperto a San Salvo che racconta un pezzo di storia e di cambiamenti di una piccola cittadina e di un lavoro che ha seguito diverse evoluzioni.

Sei originaria di Furci, come ti sei trovata qui a San Salvo?

In realtà a Furci dopo le elementari stavo fondamentalmente solo d’estate perché studiavo fuori. Dopo un paio di anni dal diploma di ragioneria ho cominciato a lavorare al consorzio agricolo di San Salvo per un lavoro stagionale di sei mesi. Appena sono arrivata mi ha notato colui che poi è diventato mio marito, Rocco Boschetti.

Perché e quando hai aperto lo studio di consulente del lavoro?

Conclusa quell’esperienza lavorativa, sembrava che ogni cosa mi voleva portare in quella direzione. Mio padre aveva un’impresa edile e io in qualche modo avevo sempre a che fare con le buste paghe. Due ispettori che venivano da lui mi dicevano “fai questo lavoro che offre buone prospettive”. E anche il consulente di mio padre che era un esattore un po’ factotum di Vasto mi esortava a occuparmi di buste paghe. Siccome avevo una grande voglia di lavorare e di crearmi qualcosa per conto mio, ho chiesto l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro e ho aperto lo studio di consulente del lavoro che spostavo man mano che mi ingrandivo. La gente di San Salvo mi voleva bene perché sapeva che mi davo da fare e che poteva venire da me per qualsiasi carta.

Qual era il lavoro il lavoro di allora in questo settore?

C’era tantissimo lavoro soprattutto perché chi doveva costruire doveva assumere anche se per pochi mesi i muratori e manovali. Andavo in giro con borse piene di queste carte. Nell’arco di un paio di anni la legge è cambiata e quegli stessi muratori dipendenti dovevano iscriversi all’artigianato e cosi da dipendenti diventavano artigiani che continuavano a servirsi della mia consulenza non solo del lavoro ma con tutti i rapporti con la contabilità e con il fisco. Il lavoro di consulente del lavoro una volta si concentrava dal primo al dieci del mese. Quando ho partorito col secondo figlio, ricordo ancora che stavo sul letto di ospedale con tanto di fogli e calcolatrice a manovella mi trovavo a calcolare i contributi dei miei clienti.

Cosa ricordi della San Salvo di allora?

I sansalvesi guadagnavano benissimo con la campagna. Era il 1963 quando al consorzio io stessa riempivo assegni dai 3 ai 5 milioni di lire. Erano tantissimi soldi per l’epoca! Molti scendevano dai paesi del circondario con l’intento di crearsi un’attività e nel periodo di arrivo della Siv e della Marelli c’era il boom anche per la costruzione di case che dovevano ospitare i dipendenti di questi due colossi. In questo periodo di fermento economico sono nati molti imprenditori che sono ancora sul mercato e sono ancora miei clienti.

Avevi quattro figli, uno studio di consulenza del lavoro e di contabilità ed eri il perno dell’albergo pensione Boschetti. Come ti organizzavi e come gestivi la tua giornata con questi ruoli tutti molto impegnativi?

Nel 1965 mia suocera aveva cominciato ad affittare delle camere a coloro che arrivavano per andare a lavorare alla Siv e alla Marelli. I clienti crescevano sempre di più, da una stanza poi sono diventate due, tre e via dicendo. E così è stata ampliata la struttura e si offriva anche il servizio di ristorazione non solo per i pensionati ma anche per le cerimonie. All’inizio avevamo chiesto la collaborazione di qualche cuoco poi ha imparato io.  La mattina mi alzavo presto e preparavo due basi essenziali, il brodo e un sugo semplice al pomodoro. Fino alle dodici e mezzo stavo allo studio e poi mi dedicavo al ristorante. Vedere i piatti che tornavano in cucina vuoti era per me una grande soddisfazione. Con la cucina potevo esprimere tutta la mia creatività e il mio estro e siccome era un lavoro che mi stancava fisicamente non avevo modo di portarmi il peso dei pensieri del lavoro di ufficio. Ovviamente tutto questo l’ho gestito cercando di essere anche una mamma molto presente. Nel 1988 anche se il ristorante andava benissimo e a me piaceva abbiamo fatto la scelta di chiuderlo perché era troppo impegnativo.

Quando eri ragazza, immaginavi di diventare una consulente del lavoro?

No neanche lontanamente perché sono sempre stata una persona molto creativa e ironica in senso buono. L’ironia mi è stata molto utile al lavoro perché mi faceva sdrammatizzare tutto. Per forma mentis sono una persona rigida su determinate cose. Le regole sono le regole! Ma amo l’arte e tutto ciò che richiede la creatività anche nello stare con gli altri.  

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