Il delitto di Vasto e le 'ineccepibili parole' del procuratore Di Florio

Davide D'Alessandro sul 'severo monito agli imbecilli del web': "Parole che meriterebbero una lunga meditazione"

Davide D'Alessandro
28/03/2017
Attualità
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A meno di due mesi dal delitto di Vasto, dalla vendetta di Fabio Di Lello su Italo D’Elisa (colpevole di aver provocato, il primo luglio scorso, passando con il rosso, la morte di sua moglie), è giunta la sentenza di condanna a trent’anni.

Con la condanna si spegneranno per un po’ i riflettori e, con i riflettori, la doverosa riflessione culturale su un omicidio in parte “comunitario”. Già, perché mentre gli avvocati hanno atteso il verdetto, accanto a Di Lello, sul banco degli imputati, sono mancati i tanti cittadini, pezzi di comunità, che attraverso i social network, dietro lo schermo fintamente protettivo dei social network, hanno contribuito ad armare la mano del panettiere vastese. Meglio, hanno lanciato il sasso e nascosto la propria mano, secondo la miglior tradizione umana.

Hanno fomentato, aizzato, rivendicando una pseudo voglia di giustizia. È tutta colpa della rete e dei suoi tentacoli, si è detto e scritto. Ma la rete non è una realtà astratta, non è una palestra dove si esercitano fantasmi di uomini e donne in piroette lessicali. Dietro la rete c’è tutto l’uomo, il suo essere ferino che dice il non detto, che spesso vomita il non detto. C’è tutto l’uomo che, ci ha insegnato Zygmunt Bauman, appaga l’istantaneità del vivere contemporaneo, lasciando da parte l’angoscia del durevole e dell’inscindibile.

C’è tutto l’uomo con il suo carico di (ir)responsabilità e di veleno, con la sua mania di esternare pensieri (pochi), opere (tante), soprattutto ricette culinarie, e omissioni (a iosa). C’è tutto l’uomo che si fa massa, che sbraita in coro, che va a caccia del capro espiatorio, che costruisce insostenibili castelli di sabbia, destinati a crollare come quelli dei bambini in riva al mare. La prima onda li porta via. Anche a Vasto, dove il mare è splendido, la prima onda li ha portati via, ma ha lasciato una morte, un’altra morte, l’ennesima morte. E un vivo che, dopo aver ucciso, dopo aver pensato di vendicare, è in carcere e non si dà pace. E tanti ultrà che hanno, momentaneamente, ritirato le bandiere (e i petardi) pronti, alla prossima occasione, a tornare in curva. Magari con un nickname, a volto coperto, dietro la rete. Ma non è colpa della rete. La rete è un mezzo, uno strumento. Dietro c’è l’uomo. Sempre uguale a se stesso. Purtroppo.

Le tante bocche aperte della mitica Città del Vasto sono rimaste cucite soltanto dopo l’ineccepibile intervento del Procuratore Di Florio (clicca qui per l'articolo). Invece, quelle parole, quel severo monito agli “imbecilli del web”, meriterebbero una lunga meditazione, magari con l’aiuto delle Istituzioni, scuole comprese. Il tempo di Quaresima, per chi crede e chi no, potrebbe essere un tempo propizio, ma temo che passi come ogni altro tempo. Sempre uguale a se stesso. Purtroppo.

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