Pene confermate in Cassazione, Lilli (sorella di Davide Centofanti): 'Fatta giustizia'

Il verdetto della Suprema Corte fa calare il sipario sul processo per il crollo della Casa dello Studente a L'Aquila

redazione
13/05/2016
Attualità
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Pene confermate, la giustizia ha fatto il suo corso e, al termine di una vicenda lunga e sempre dolorosa, almeno un po' di soddisfazione c'è.

E' quella dei familiari della vittime della Casa dello Studente a L'Aquila, crollata a seguito del terremoto del 6 aprile 2009.

Mercoledì sera la Corte di Cassazione ha scritto la parola fine sul processo, con il sigillo alle condanne che erano già maturate nei precedenti gradi di giudizio.

Un 'castello di carte', di fatto, l'edificio di via XX Settembre sotto le macerie del quale persero la vita otto giovani, sette studenti universitari, tra i quali il 20enne vastese Davide Centofanti, ed il custode della struttura. Un 'castello di carte' quella Casa, definizione spesso ripetuta in questi anni, che di fatto lo era già dal 1965, l'anno di costruzione, e – in seguito - nessuno dei professionisti chiamati ad occuparsi delle fasi di consolidamento e ristrutturazione praticamente se n'è accorto o è intervenuto per sanare la situazione.

E' proprio su questi presupposti che la quarta sezione penale della Suprema Corte ha confermato in via definitiva le quattro condanne che erano state inflitte per il crollo: 4 anni a carico di Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone e Berardino Pace, i tre tecnici responsabili del restauro eseguito nel 2000, e 2 anni e 6 mesi per Pietro Sebastiani, tecnico dell'Adsu, l'ente gestore della Casa dello Studente e presidente della commissione di collaudo.

Le accuse nei confronti degli imputati erano di omicidio colposo, disastro e lesioni.

Scene di commozione, da parte dei familiari soprattutto, ed anche dei legali di parte civile, non sono mancate alla lettura della sentenza del presidente del collegio giudicante Rocco Blaiottanti.

“Non credevamo che sarebbero stati rigettati i ricorsi, ma che anche questa volta i giudici avrebbero fatto sconti – ha sottolineato Lilli Centofanti, la sorella di Davide -. Non è stato così e sono contenta di poter dire che anche uno studente può avere giustizia, anche uno che non ha i mezzi per farcela da solo e viene accolto in una casa dello studente. Davide – ha sottolineato ancora commossa – non è morto andando in guerra, non è questa l'università. E' morto facendo il suo dovere e non è giusto. Una condanna non era solo ben accetta, ma necessaria, per tutti. Farà bene a tutti quelli che si ritroveranno a subire una violenza come questa”.

Tra i legali interessati ecco il commento dell'avvocato Wania Della Vigna.Si è chiusa una pagina dolorosa per L'Aquila e per la sua parte più debole, gli studenti fuorisede capaci e meritevoli che abitavano in quella casa, in quel castello di carta. Siamo arrivati a una verità storica, questi ragazzi non sono morti per il terremoto ma per le responsabilità umane dei professionisti”.

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