Da un nostro lettore riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento sulla questione dell'Università a Vasto: ''Premesso che non vi leggo regolarmente ma, oggi, visitando il vostro sito mi sono imbattuto nell'ottimo articolo del dott. Andrea Smargiassi sull'Università a Vasto (pubblicato nella sezione Focus, ndr). Ormai è passato molto tempo (troppo) da quando l'Università a Vasto chiuse i suoi battenti senza mai, successivamente, riaprirli e con la politica e, soprattutto, l'incuranza della ''gente'' di Vasto. Parlo di ''gente'' in quanto non posso definire in nessun altro modo civile le persone di Vasto e dintorni che non guardano, come al solito, ai successivi cinque minuti futuri! Infatti questo è, a mio avviso, solo uno dei tanti problemi della nostra amata città. Dicevo che il problema principale è la gente. Nel caso dell'Università non si è assolutamente pensato a quello che poteva essere (ed era già!) l'indotto di averla in città. Pensare che tra affitti, acquisto di derrate alimentari, uscite serali e conseguenti consumi di denaro nei locali e, soprattutto, il ritorno d'immagine per una città che vive sul turismo di rientri per economici ce ne sarebbero stati. Ed invece no! Si è solo pensato al momento, al fatto che si dovevano cacciare dei soldi e che si doveva trovare una sede più decente. Che vergogna! Come al solito, si pensa che l'unico tipo di lavoro che si possa fare a Vasto e dintorni sia l'operaio e che qualunque altra iniziativa che possa portare ad elevarci culturalmente e ad uscire da questa nostra condizione di ''provincialotti zappa terra'' viene vista come una cosa inutile, spreca soldi ed, addirittura, controproducente. Pensare, invece, che un'iniziativa del genere avrebbe portato non solo fama alla città (ed al suo comprensorio) ma anche un innalzamento culturale che l'arrivo di persone provenienti da ''altri mondi'' naturalmente comporta ed infine, ovviamente, anche un rientro economico per la città stessa. Perché molti vanno via da Vasto con il cuore in lacrime quando abbiamo molte cose che altri ci invidiamo primo fra tutti il mare? Perché, se si vuole migliorare la propria condizione, ci si deve armare della ''valigia di cartone'' e fare gli ''emigranti in terra straniera'' che, spesso e volentieri, ha molto meno da offrire rispetto a Vasto ma che ti offre quel qualcosa in più a livello lavorativo? In conclusione, si stringe il cuore a vedere la città che si ama lasciata allo sbando, senza un progetto serio per il futuro e senza, soprattutto, la consapevolezza nella mente delle persone cittadine che pensare solo al presente e il non guardare oltre il proprio naso, in questo secolo, non è più possibile. Ne per noi, né per i nostri figli a venire. Firmato: una persona che la valigia di cartone l'ha dovuta fare ma che, con il cuore e la residenza, è ancora a Vasto. Heber D'Alberto''.