Un dito rotto di una figlia e ci si ritrova nell’ambulatorio di Ortopedia dellospedale San Pio di Vasto ad attendere il proprio turno insieme a tanti altri. Nelle lamentele generali per la sanità che non funziona, la mia attenzione è attratta da Cristian che per motivi di lavoro spesso si reca spesso all’estero.
"Da tanti anni vado e vengo, adesso qui a Vasto sono ospite di mia sorella. Per chi come me lavora all'estero non c'è una casa di ritorno ma solo la casa dei parenti più stretti. All’inizio tutto comincia come un gioco ed è tutto molto entusiasmante e divertente proprio perché incontri gente che parla un’altra lingua e vive un'altra realtà. Ma poi quando cominci che devi entrare in relazione con loro tutto diventa difficile. Se ti trovi in cucina e uno ti dice “passami quello“ e tu non capisci ecco che cominciano a schernirti e a ridere. Non è vero che se parli l’inglese riesci a comunicare sempre e ovunque. Sempre per lavoro mi trovai in Germania e mi capitò di stare in cucina insieme a un paio di turchi, un serbo e un iraniano ma nessuno parlava né tedesco né inglese.
Tante delle persone che vivono queste esperienze così dure tornano a casa a testa bassa e dice “lavorare all'estero é una merda”. Ma se decidi di andare all’estero devi sapere che giochi fuori casa. Non puoi andare con lo spirito “io vado, io ci provo, io sono, io faccio, io io io...” non sei nessuno anche se vai raccomandato da qualcuno; devi dimostrare chi sei e guadagnarti quello che vuoi essere.
Durante una stagione lavorativa ad Innsbruck, che ricordo comunque con piacere, entrando in cella frigo scivolo a terra e mi faccio male al braccio. Allora uno dei miei colleghi: “chiamo il 118”. E io ho risposto che non c’era bisogno poiché non era così grave.
Dopo 10 minuti è arrivata l’ ambulanza totalmente equipaggiata per qualsiasi evenienza con 2 medici e 2 infermieri che parlavano correntemente 4 lingue. A distanza di breve tempo è arrivata anche la polizia, e gli ispettori sanitari per controllare il luogo di lavoro e verificare l’accaduto. Nel frattempo l’ambulanza mi portò in ospedale: la sala d’attesa sembrava un hotel a 5 stelle. Nell'arco di una mezzoretta, il dottore (che parlava inglese, tedesco, spagnolo, italiano e turco) mi visitò, e mi fece fare immediatamente una risonanza più altri controlli specialistici da cui risultò che mi ero rotto il braccio.
Successivamente ogni tre giorni mi facevano fare dei controlli specialistici. Allora mi sono chiesto: “sono loro che sono pazzi o in Italia le cose non funzionano ?