Sindaci e amministratori del Vastese compatti contro la discarica di rifiuti pericolosi

Il progetto della società Vallecena in territorio di Furci

Antonino Dolce
28/02/2014
Territorio
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«Vi ho chiamato perché voglio che nessuno in futuro possa dire “Non sapevo niente”». Così Angelo Marchione, primo cittadino di Furci, spiega la convocazione di ieri nella sala consiliare del Comune.

La risposta non si è fatta attendere mostrando un territorio compatto come non si vedeva da tempo. Presenti i sindaci e i rappresentanti di Vasto, San Salvo, San Buono, Monteodorisio, Lentella, Fresagrandinaria, Tufillo, Pollutri, Casalbordino, Castelguidone, Gissi, Liscia, Guilmi, Palmoli, Dogliola, Celenza sul Trigno, Schiavi d’Abruzzo, Carunchio, Roccaspinalveti, Fraine, Carpineto Sinello e Casalanguida. Assente Cupello.

Al centro della discussione c’è la realizzazione del più grande impianto di trattamento di rifiuti pericolosi dell’Abruzzo con annessa discarica nel territorio di Furci. Non è l'estensione a renderla tra le più grandi anche del Paese, 250mila metri cubi poi ridimensionati 150mila, ma la vastissima gamma dei rifiuti pericolosi che dovrebbe accogliere da tutta Europa: ben 264 codici Cer (Catalogo Europeo dei Rifiuti).

LA STORIA – La presentazione del progetto risale al 2006 da parte della ditta Vallecena srl. Sin dalle prime battute si registrarono le opposizioni da parte di comitati locali, associazioni e Comuni. La Vallecena chiese quindi la sospensione della Valutazione d’Impatto Ambientale per apportare alcune modifiche: l’estensione della discarica fu portata a 150mila metri cubi e fu cambiata l’area interessata che prima ricadeva in alcune zone gialle del Pai.
Nell’arco temporale tra la presentazione e il 2008 venti consigli comunali votarono contro l’impianto. Nel luglio del 2012 è però arrivato il parere favorevole del comitato Via con prescrizione. Ora l’ultima parola spetta alla conferenza dei servizi per la concessione dell’Aia. Questa è fissata per il prossimo 4 marzo.

LE CRITICITÀ – Il progetto desta molta preoccupazione soprattutto per il genere di attività che si andrebbe a svolgere e per la modalità di trattamento dei rifiuti.
Ai 264 tipi di rifiuti pericolosi corrisponde un solo tipo di trattamento: inertizzazione con calce e silicati e conferimento nella discarica. Per Marchione questo vuol dire che «non c’è nessuna differenzazione. È una tecnica che non dà garanzie nel lungo periodo e rischia di consegnare alle generazioni future un territorio altamente inquinato».

RISCHIO IDROGEOLOGICO – La modifica del progetto di qualche anno fa non elimina i rischi legati al dissesto dei terreni della zona interessata. Ora l’impianto e la discarica sono previsti in una «isoletta bianca del Pai» (non a rischio) circondata da aree gialle e rosse. Cosa accadrebbe se una frana investisse la discarica?

STUDIO EPIDEMIOLOGICO – La stessa ditta commissionò uno studio epidemiologico che rilevò la presenza di tassi di mortalità a Furci superiori a quelli dei comuni adiacenti e del comprensorio. Condotto dal dott. Schioppa dell’Università ‘D’Annunzio’ di Chieit-Pescara, è stato ritenuto fondato anche dal comitato Via e dalla Asl di Lanciano-Vasto.

VOCAZIONE AGRICOLA – Attualmente i terreni adiacenti all’area interessata ospitano colture di pregio con certificazione biologica. La legge regionale, modificata proprio a fine 2013, specifica che tra l’area destinata alla discarica e quelle dove sono localizzate le colture di pregio deve esserci una distanza che renda possibile la mitigazione degli effetti. «Questa – ha spiegato Marchione – a nostro avviso non sussiste». Nella zona, inoltre, ci sono abitazioni sparse che distano meno dei 500 metri previsti per legge dalla discarica. «Per le aree la cui destinazione urbanistica è classificata agricola – continua Marchione – all’interno dell’ultima normativa regionale in materia, restano escludenti i criteri localizzativi riferiti a impianti come le discariche, salvo che esse siano al servizio di impianti di trattamento per cui i criteri sono penalizzanti. Questo è proprio il caso di Furci: di questi impianti non si specifica la tipologia di rifiuti ammessi e si dà il lasciapassare anche per i rifiuti pericolosi equiparandoli a quelli solidi urbani».

Nella zona, infine, è presente un tratturo non reintegrato da valutare ai fini del vincolo archeologico.

VALLECENA E CIVETA – Nelle varie sedute del Via è stato sottolineato che i sindaci si opporrebbero al progetto della Vallecena, ma firmerebbero gli ampliamenti del Civeta. Una insinuazione che non va giù a Marchione e agli altri sindaci: «C’è una differenza sostanziale, nel progetto del consorzio Civeta e nella sua Autorizzazione Integrata Ambientale non è assolutamente previsto il trattamento di rifiuti speciali».

L’ALLARME DEL SINDACO – «Non ci sono solo le criticità tecniche – ha spiegato Marchione – ma c’è anche da prendere una posizione politica sull’argomento. Dobbiamo pretendere una presa di posizione nei confronti di questo progetto. Non possiamo tollerare il silenzio di questi anni. Se c’è qualcuno che è a favore abbia il coraggio di manifestare il proprio assenso. Per questo vorrei fosse un intero territorio a dire “Non vogliamo l’impianto”. Diamo una linea a questo territorio, perché in Regione non se n’è mai parlato? È un paradosso: abbiamo tutte le nostre industrie in difficoltà, che stanno chiudendo e ci trasformiamo in una discarica di rifiuti industriali. Bisogna, invece, preservare l’area a vocazione agricola di pregio. Questo sarebbe un ulteriore colpo a favore dello spopolamento dei nostri paesi».

IL DOCUMENTO – L’assemblea si è chiusa con la presa di posizione dei tanti sindaci presenti e con la firma di un documento di contrarietà al progetto che – oltre a riportare le varie criticità presenti – si conclude con «In qualità di rappresentanti delle rispettive popolazioni e di massime autorità sanitarie dei propri Comuni, (i sottoscritti sindaci dei Comuni del Vastese), esprimono la netta contrarietà alla realizzazione dell’impianto progettato dalla società Vallecena srl sul territorio del Comune di Furci».

Il prossimo appuntamento è per il 4 marzo, data della conferenza dei servizi, ma non è escluso che ci sia uno slittamento. Nel frattempo i sindaci sono pronti a mobilitarsi rispondendo all’invito di Denisso Cupaiolo, primo cittadino di San Buono, «Andiamo tutti a manifestare in Regione il giorno della conferenza».

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