In una altra estate vastese in cui l’arte contemporanea più in linea con l’evolversi del tempo (mutanti proposizioni e presunzioni ) è come relegata all’Aragona (“Premio Vasto”), resta avulsa dal contesto societario e cittadino, e, contemporaneamente, nei più accessibili spazi comunali continuano a ‘mostrarsi’ opere di chiaro dilettantismo quanto a tecnica, nonché di scarso approfondimento culturale, occasionalmente capita di veder esporre opere da parte artisti professionalmente dotati e capaci. Se ne giova il piacere estetico del visitatore, non meno la stessa immagine promozionale del luogo. In tale contesto e reiterata prassi gestionale pubblica, ecco ancora un’esposizione di Paola Bolognese, apprezzata acquarellista vastese. Noto stile, ma nuovi quadri che ci riconciliano, quanto meno, con quella che si direbbe pittura d’immagine (“pittura-pittura”, qualcuno la definisce, senza volontà di diminutio modernista), con la efficace maestria di chi conosce l’anima segreta ed evocativa dei colori e, nell’acquerello, delle sue funzionali velature e campiture lasciate in bianco, ma volte a strutturare sintatticamente l’immagine ricercata e offerta.
Pitturazioni semplici in apparenza, fresche al tocco di pennello (sicuro e talora raffinato) che seppur mimetico-realistiche (che nell’oggi parrebbe, a torto, una dequalificazione) realizzano, in termini di descrizione del dato visivo quotidiano e comune, una poetica visione habitat-iva, un utile e prezioso ripensamento mnemonico, un’esaltazione cromo-sensitiva del sito ambientale da cui nasce e che, nel tempo, è destinato a conservare sensazioni eidetiche preziose per la ‘conservazione’ culturale del transeunte contemporaneo.
L’arte di pittura, messa in campo anno dopo anno dalla Bolognese, non fa che questo. In certo modo, nella nostra mente e nel nostro visivo desiderio di bellezza, di luce e di suggestività cromatica, che permane antropicamente identico anche nella ‘modernità’, potremmo anche dirle ... “performances” ideative e illustrative, e ...“installazioni” permanenti d’immagine, sulla carta e nella o per la memoria. Con tanto gusto percettivo, ma non solo. A prescindere dalle giocose (in questo caso) e inutili etichettazioni in voga.