Dalle ore 19 di martedì 23 aprile, presso il Teatro Rossetti a Vasto, l'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, sarà intervistato da Mauro Tedeschini, direttore del quotidiano "Il Centro" sul tema "Fede e ragione".
Seguirà un dialogo a partire dalle domande di alcuni giovani.
Quale incontro tra fede e ragione?
"L’incontro tra fede e ragione è un et et, non un aut aut: e questo in tre direzioni fondamentali. In primo luogo, è in grado di incontrare la fede una ragione che sia consapevole del suo limite e resti orientata a trasgredirlo: una ragione agonica, in continuo stato di 'agón', di lotta, aperta alla sfida dell’ulteriorità, in lotta con l’Altro come lo fu Giacobbe al guado dello Jabbok (cf. Gen 32). Sulla tomba di Ernst Bloch a Tübingen è scritta la frase: 'pensare significa trasgredire'. Pensare è andar oltre, varcare la soglia. Pensare è rigettare tutte le comode forme di sicurezze ideologiche, tutte le espressioni cioè di presuntuoso assorbimento della realtà, che ambisca alla totalità. È questo il vero, grande limite dei modelli ideologici: la realtà assorbita impedisce la trasgressione simbolica, quel superamento cioè che mantiene vivo il legame fra le sponde del guado, senza confonderle; se si pensa di aver compreso il tutto o di averlo risolto totalmente nella storia, non resta più alcun oltre verso cui trascendere. È dunque necessario fare l’apologia di una ragione trasgressiva e interrogante, di una ragione in ricerca. Ciò che spaventa non è il non credente, è il non pensante, perché chi pensa non può non porsi la grande domanda, non può non sentire che il Dio di cui si deve parlare non può essere un oggetto mercificato o del filosofo o della devozione volgare, ma deve essere il Dio vivente col quale continuamente impegnarsi nella lotta, lasciando che la Sua parola possa raggiungerci e strapparci a noi stessi e cambiarci il cuore (...).
In secondo luogo, può a sua volta incontrare la ragione una fede che sia essa stessa agonica: qui l’'agón' assume la forma dell’'agápe', senza con questo cessare di essere lotta, come è in ogni vero incontro di amore. Afferma Agostino: 'Fides, nisi cogitetur, nulla est', una fede, che non sia pensata, non è. Si comprende allora perché la grande storia del pensiero occidentale è legata alla fede cristiana e alla potenza delle sue interrogazioni, sfidate dal paradosso dell’Assoluto entrato nella storia: dall’ermeneutica ai grandi sistemi filosofici della modernità, la fede ha dato e dà a pensare (...). Dunque, non è esagerato dire che la fede pensosa, in lotta con l’Altro per lasciarsi vincere da Lui senza rinunciare alla dignità del domandare, ci rende sommamente pensanti.
Come afferma l’Enciclica Fides et Ratio: 'È la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione' (n. 56).
Infine, dall’incontro fra fede e ragione, entrambe agoniche, nasce un pensare propriamente dialogico, capace di far incontrare sempre più ragione aperta e fede inquieta. Afferma il teologo russo Pavel Evdokimov: 'Non è la conoscenza che illumina il mistero, è il mistero che illumina la conoscenza. Noi possiamo conoscere solo grazie alle cose che non conosceremo mai'. Questo è profondamente vero: una vita senza trascendenza, è una vita chiusa su se stessa e povera di vera conoscenza. Una ragione che si fermi al chiuso orizzonte di un possesso presuntuosamente solare resta ferita a morte, come ha dimostrato la parabola delle ideologie. Fides et ratio ha il merito di ricordarci questo, di renderci tutti più cercatori, più inquieti e questo vale per il filosofo, come per il teologo" (Bruno Forte).