È difficile parlare di violenza, specie quando la si subisce in prima persona, quando viene da chi amiamo e crediamo ci ami. Per questo manifestazioni come quella di sabato, ‘I passi interrotti’, possono dare un prezioso contributo per sensibilizzare sul problema della violenza contro le donne e dare un segnale a chi subisce abusi ma non sa a chi rivolgersi o non fa nulla per paura.
Lo dimostra il fatto che dopo l’evento organizzato in occasione del One Billion Rising, in molte si sono presentate al centro DonnAttiva di Vasto, servizio messo in campo dal Comune e gestito da Akon service in collaborazione con l’associazione locale Dafne e Ananke di Pescara. Proprio loro avevano promosso la suggestiva e toccante manifestazione.
"Sabato abbiamo riscontrato una grande partecipazione dei cittadini, molti facevano domande e sembrava dicessero: finalmente si fa qualcosa", commenta Licia Zulli, responsabile di DonnAttiva. "Da Sabato – aggiunge l’operatrice Barbara Catalano – le richieste al centro sono aumentate".
Le donne vittime di violenza che si rivolgevano a loro erano tante anche prima. Proprio per via della grande richiesta, DonnAttiva, nato per fornire risposte alle diverse esigenze del mondo femminile, dalla fine del 2011 ha cominciato un percorso di specializzazione sull’antiviolenza, pur continuando a lavorare anche su altri servizi, come fornire informazioni su diversi ambiti o definire percorsi di re-ingresso nel mondo del lavoro.
"Secondo la nostra esperienza la situazione è abbastanza critica nella zona – spiega Zulli -, d’altronde anche se tendiamo a rimuoverlo, qui nel 2011 ci sono stati due femminicidi. Abbiamo avuto fin da subito richieste specifiche legate alla violenza senza promuovere il servizio. Dal 2010, quando abbiamo iniziato a gestire il centro, abbiamo affrontato una trentina di casi, oggi ne abbiamo in carico 11". Il 99% riguarda violenza domestica consolidata nel tempo: in primis psicologica e a seguire fisica, economica e sessuale. «Sono soprattutto violenze di compagni su compagne, signore di tutte le età, raramente si tratta di ragazzine». A differenza di ciò che spesso s’immagina non c’è maggior incidenza in contesti poveri: "La violenza è trasversale, indipendente dall’ambiente socio-economico di provenienza e dal livello culturale. Anzi, dove ci sono maggior benessere ed equilibrio apparenti è più difficile per la donna affrancarsi". Questo secondo la loro esperienza, precisano, ma per una panoramica più chiara del fenomeno è in progetto una mappatura del territorio.
"La maggior parte delle donne che viene al centro è italiana – proseguono le operatrici – però va sottolineato che la popolazione locale è comunque composta soprattutto da italiane, il numero delle straniere è inferiore", quindi un confronto è difficile. Tante anche coloro che arrivano da centri limitrofi e dal basso Molise.
Come prima cosa le operatrici devono aiutare la donna a prendere consapevolezza del problema e delle proprie risorse, sostenerla affinché si "rafforzi come donna". La situazione di abuso sovente si basa su un equivoco: si tende ad attribuire l’esercizio della violenza al troppo amore: "Le frasi che ripetono più spesso sono: ‘È tanto buono’, ‘Comunque mi ama’". Sono questioni delicatissime da affrontare, dove bisogna agire con grande professionalità perché si rischia di nuocere a colei che chiede aiuto. Per questo il centro sta investendo tanto nella formazione interna e nella creazione di una rete che coinvolge più soggetti: servizi sanitari, procura, tribunale e forze dell’ordine, Caritas, consultorio e vari attori del sociale. Si cercherà di coinvolgere anche le scuole, perché sensibilizzare insegnanti e giovani è fondamentale, specie per arrivare al cuore delle famiglie.
Lavorando su questo filone DonnAttiva ha ottenuto il finanziamento per due progetti importanti che riguardano proprio la formazione, la sensibilizzazione e la creazione di reti: Penelope e Oltre l’uscio.
Il problema è che comunque i fondi sono pochi: «Il Comune di Vasto ha inserito nel piano di zona una somma destinata al centro e con quella lavoriamo. Ma per il resto c’è poco, a livello regionale finalmente è stata finanziata la legge del 2006: ma con soli 60mila euro per tutto l’Abruzzo la cifra per ogni centro è minima. Per fortuna ora abbiamo ottenuto una sovvenzione dal dipartimento delle Pari opportunità», dice Zulli.
Tra le carenze evidenziate anche quella della mancanza a livello regionale di case di prima accoglienza, che sarebbero auspicabili per fornire un completo supporto alle donne in difficoltà.