Lo sfogo di un genitore: 'Disposto a vendere il mio voto per il servizio scuolabus del mio paese'

La denuncia di un lavoratore precario di Schiavi di Abruzzo

a cura della redazione
04/02/2013
Attualità
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"Il mio voto in vendita per garantire il servizio di accompagnamento sullo scuolabus del mio Paese".

Suona così la provocazione di Francesco Bottone, 38 anni, precario di Schiavi di Abruzzo, paesino di montagna con meno di 900 abitanti, padre di due bambini, di 4 e 2 anni, e con un terzo in arrivo. "I bambini dell'asilo e delle elementari - denuncia - non hanno più una scuola in paese e ogni giorno, su strade tortuose e spesso con la neve, perché qui l'inverno dura sei mesi, sono costretti ad andare in un paese vicino. Ma dopo i tagli del governo Monti, nonostante il sindaco faccia il possibile - spiega - sullo scuolabus c'è solo l'autista. Basterebbe lo stipendio di un mese di un parlamentare per pagare un accompagnatore per i nostri bambini per un intero anno scolastico".

Da qui la provocazione. Bottone è ovviamente consapevole che 'vendere' il proprio voto è reato, ma si chiede "se la politica serve a risolvere i problemi dei cittadini, voglio vedere quale candidato è interessato a risolvere il problema degli scolari di Schiavi di Abruzzo". Ma se qualcuno si farà avanti? "Voto a parte, gli dirò comunque di devolvere un contributo al Comune", conclude. 

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