"L'Italia del riscatto comincia cercando di rendere difficile la vita ai criminali, a tutti i livelli": così il procuratore capo della Repubblica di Vasto, Francesco Prete, per l'inaugurazione dell'anno accademico 2012/2013 dell'Università delle Tre Età di Vasto.
Introdotto dalla responsabile culturale Romilda Santone e dalla presidente dell'Unitre Margherita Giove, il procuratore capo di Vasto ha tenuto una relazione sul tema "Dall'Italia del ricatto a quella del riscatto".
Le difficoltà di questo passaggio, come sottolineato da Prete, stanno nei pochi mezzi a disposizione della magistratura e in un sistema legislativo che di fatto ostacola l'azione dei magistrati, più che favorirla. Come il sistema della prescrizione: fermo restando il diritto del cittadino a un giusto e rapido processo, per come è strutturata spesso viene utilizzata come grimaldello per risolvere in assoluzione processi che condotti al termine o nel merito specifico delle responsabilità che la prescrizione non valuta più, avrebbero tutt'altra soluzione.
"Se succedesse perché i magistrati se ne vanno al mare invece di lavorare - ha specificato il procuratore capo di Vasto - sarebbe pure giusto; ma un magistrato può avere notizia di reato e quindi cominciare l'iter anche quattro o cinque anni dopo che il reato è stato compiuto, ed ecco che i tempi già possono non bastare; mettiamoci poi che legittimamente molti avvocati, e lo farei anch'io se fossi avvocato, tendono ad allungare i tempi dei processi per arrivare a prescrizione, ecco che i termini che ci dà la legge diventano davvero ristretti. Perché, per esempio, non facciamo in modo di bloccare la prescrizione quando l'imputato chiede l'appello?". Una sentenza è già stata emessa, i termini di prescrizione non dovrebbero più valere o almeno non continuare come se fosse un unico processo, è il ragionamento di Prete che aggiunge: "Con la prescrizione se abbiamo sequestrato dei beni, siamo costretti a ridarli indietro con tante scuse, anche se magari c'erano tutte le ragioni per sequestrarli e nel merito non siamo stati smentiti. Quindi così abbiamo anche un danno economico per lo stato".
Nel finale una stoccata al mondo della politica: "Abbiamo impiegato dieci anni per fare la legge sulla corruzione che l'Europa ci chiedeva, ma è molto morbida. Sembra che i politici non vogliano darci troppi mezzi, quasi ci fosse il rischio di montarci la testa. Ma un approccio più deciso al problema serve, non solo per una questione etica, ma anche economica. Se gli investitori mancano è soprattutto per l'elevato grado di corruzione per cui non si sentono tutelati. Inoltre tutte le entrate di un forte contrasto all'evasione riuscirebbero ad alleggerire queste manovre cosiddette 'di lacrime e sangue' che oggi siamo costretti a sopportare".
Prete non nega che l'attuale governo stia andando nella direzione giusta, ma più sul canale pur importante della "sensibilizzazione". In attesa però di una cultura della legalità generalizzata, la magistratura chiede maggiori mezzi, almeno quelli di carattere legislativo, perché se la legalità conviene alla collettività, ma l'illegalità conviene molto di più ai criminali, anche quello della sensibilizzazione diventa un esercizio di stile abbastanza inutile.
"L'Italia del riscatto - ha concluso il procuratore Francesco Prete - comincia cercando di rendere la vita difficile ai criminali, a tutti i livelli".