Nicolino, la crema e quei gustosi 'maritozzi al sanguinaccio'

Un ricordo del 'pasticcere di via Barbarotta'

Francescopaolo D'Adamo
07/09/2012
Varie
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Se la nostra vita fosse un film che ci vede protagonisti, osservandola ci accorgeremmo che ci sono molte “comparse” senza le quali questo film perderebbe molto. Questa riflessione mi è stata ispirata da uno dei tantissimi commenti che ho ricevuto su Facebook, a corredo di un pensiero dedicato a Nicolino D’Alessandro, il “pasticciere di via Barbarotta”, scomparso in questi giorni.

 

Nicolino è stata una di quelle “comparse”, meglio sarebbe dire di quei “caratteristi”, nel film della vita di tanti “ragazzini” degli anni Sessanta, che genera ricordi.

 

Io lo porrei, nel mio “film”, alla maniera di Ferribotte o Capannelle nei “Soliti Ignoti” di Monicelli. Non come tipo di figura ma come importanza. Noi ragazzini, soprattutto frequentatori dell’oratorio di San Giuseppe, quando potevamo permettercelo andavamo a comprare da lui particolarmente il maritozzo con la crema o col sanguinaccio (la bomba o il siluro li compravamo da Mascioli).

 

Molti compravano il maritozzo o la “brioche” (ah se si ritrovasse la ricetta di quest’ultima!) direttamente a “Lu furnarille” poi se la facevano “imbottire” da Nicolino con le sue “creme”. Il suo modo di “raffilare” la crema che debordava dal maritozzo, oggi farebbe inorridire i più, ma allora non si badava assolutamente al tipo di “etichetta” che oggi (giustamente) si pretende. Mi chiederete come procedesse all’operazione di cui ho appena parlato ed io vi accontento: passava, delicatamente e con maestria, il dito sul bordo del maritozzo prendendo su la crema che tracimava, la raccoglieva e con un gesto repentino la “scaricava” nel contenitore del tipo di crema scelto, pronta da essere usata per la prossima imbottitura.


Oggi può sembrare sconveniente (eufemismo) ma allora non ce ne importava ….. era buonissimo!

 

Da parte nostra qualche “sgarbo” glie lo abbiamo anche fatto. Per esempio, quando entravamo in tanti nel suo locale, qualcuno nella confusione apriva i cassetti con i dolci secchi di mandorla o altri dolci tipici e prendeva quello che poteva. Lui passava alla controffensiva (specchi sul soffitto e spioncini vari) ma era “buono” e noi eravamo… “ragazzini”. Il ricordo che più è tornato in mente, pensando a Nicolino, è stato quello del “sanguinaccio” e la domanda più frequente è: “ma i ragazzi di oggi sanno cos’è il sanguinaccio”? Certo spiegare che “era” una crema fatta, nei mesi invernali, con il sangue di maiale potrebbe generare l’idea che in passato fossimo tutti “vampiri”. Io stesso nel Settantatre in Toscana non volli assaggiare un dolce tipico del luogo perché consistente in una salsiccia di maiale e cioccolato. Mi dissero: “ma come! A Vasto non mangiate il sanguinaccio”? Ogni tanto, nei mesi freddi, chiedo a mia madre di prepararmelo ma lei dice che il sangue deve essere “sicuro” e di questi tempi …
 

Caro Nicolino, noi nel nostro “film” abbiamo avuto te. I ragazzi di oggi, nei loro, avranno  “comparse” come te? Speriamo.
 

Nella foto: da sinistra (rigorosamente cognome e nome) Santini Roberto, Fiore Fernando, D'Adamo Francescopaolo, Marinucci Antonio, Barisano Florindo, Petroro Lino, Pollutri Franco, Stivaletta Pietro, Lattanzio Antonio, Baccalà Michele, Fabrizio Giuseppe.

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