"Un teatro che punta sui processi relazionali sociali, più che sulle abilità e gli effetti", così il direttore della casa circondariale di Vasto, Carlo Brunetti, ha presentato la commedia in tre atti andata in scena ieri sera presso la sala teatro della stessa casa circondariale.
Sarà pure così, ma certamente il numeroso pubblico presente ha anche avuto modo di apprezzare le capacità artistiche dei detenuti che hanno messo in scena le impareggiabili diatribe di una delle coppie più apprezzate e meglio assortite della letteratura italiana, quella di don Camillo e Peppone, interrotte solo per un piccolo rinfresco alla fine del primo atto. Oltre al direttore della casa circondariale, hanno salutato il numeroso pubblico convenuto Angelo Pagano che ha curato la regia della rappresentazione, il presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Vasto, Nicola Artese, e Luigi Marcello, vice presidente del Consiglio comunale e rappresentante del Lions Club, istituzioni che hanno collaborato all'evento. Tra il pubblico, il vice sindaco di Vasto, Antonio Spadaccini, il sindaco di San Salvo, Tiziana Magnacca, rappresentanti delle forze dell'ordine ed il procuratore capo Francesco Prete. Dopo i brevi saluti che hanno sottolineato l'importanza di attività di questo genere, per "il ruolo fondamentale che rappresentano nel processo rieducativo", l'attenzione è stata tutta per gli attori.
È stato facile per noi spettatori, immersi nella commedia, dimenticare per qualche ora il contesto inusuale dello spettacolo, fatto di cancelli e sbarre, probabilmente perché sapevamo che quelle sbarre e quei cancelli non erano lì per noi, che di lì a poco saremmo tornati ai nostri affari, alle nostre case, ai nostri affetti. Ma forse gli stessi detenuti, attori per una sera, hanno vissuto la stessa esperienza di un'arte che, seppur per qualche attimo, riesce a far dimenticare una condizione con cui comunque si farà i conti appena scesi dal palco. Il che nulla toglie alle colpe e alle pene da scontare, non vuole essere del semplicistico sentimentalismo che farebbe torto sia a chi ha colpe da scontare, sia a chi ha sofferto o soffre come vittima di quelle colpe, ma può senz'altro essere considerata un'esperienza positiva che ha donato a tutti i protagonisti quel piccolo spazio di libertà che comunque lo stato di detenzione non intende togliere: la libertà dell'arte che non ha bisogno di spazi.
E in questo piccolo spazio di libertà, gli improvvisati attori hanno dato prova di doti artistiche che hanno superato ogni aspettativa. Ritmi serrati e battute esilaranti hanno dato vita a una rappresentazione divertente e gustosa, non senza spunti di profonda riflessione.