E' finito all'attenzione del Ministro della Giustizia il caso della vicenda giudiziaria, lunga, articolata e complessa che ha investito il magistrato vastese Antonio La Rana, conclusasi con l'assoluzione da tutte le accuse nei suoi confronti formulate. In un'interrogazione in Parlamento è il deputato di Futuro e Libertà per l'Italia Daniele Toto, coordinatore abruzzese del partito di Fini, a rendere edotti al Ministro i particolari del caso, sollecitando, nel contempo, iniziative ispettive in merito. Di seguito l'interrogazione presentata da Toto. Premesso che: con sentenze assolutorie, rispettivamente, del Tribunale di Bari n. 1356/2011 e del Tribunale di Vasto, in data 22 novembre 2011, proc. n. 939/10, è stata definita la serie di procedimenti penali a carico del dottor Antonio La Rana, già sostituto procuratore presso il Tribunale di Vasto poi trasferito a Campobasso con le funzioni di sostituto (e attualmente reggente) procuratore generale, nei cui confronti durante il semestre aprile-settembre 2003 erano stati ipotizzati trenta reati in concorso con undici persone, di cui sei pubblici ufficiali; le prime accuse erano state avanzate da un gruppo di amministratori pubblici al duplice e dichiarato scopo di natura forse ritorsiva e preventiva, in risposta a precedenti inchieste condotte dal nominato magistrato e in vista di una causa di incompatibilità ambientale da precostituire e opporre in relazione a una sua eventuale istanza di ritrasferimento alla Procura presso il Tribunale di Vasto. I procedimenti penali si sono, poi, arricchiti di ipotesi di reati assunte da sostituti procuratori presso il Tribunale di Vasto i quali, pur avendo chiesto ed ottenuto di essere esonerati dalla trattazione di procedimenti penali a carico del dottor La Rana, si sono occupati di inchieste nel cui ambito, emergendo il coinvolgimento anche di detto collega, disponevano la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari; è anche accaduto che, nonostante nel corso delle indagini sia stata denunciata, dagli stessi pubblici ufficiali che risultavano apparenti firmatari dell'atto, la falsità ideologica e materiale di un verbale di riscontro dei carabinieri, confluito in un procedimento nel cui ambito sono state persino adottate misure cautelari personali, è stata avviata un'indagine non già, come sarebbe apparso logico, volta a individuare gli autori del falso verbale, bensì, inopinatamente, sui due carabinieri che avevano riscontrata la falsità dell'atto e sullo stesso dottor La Rana, ipotizzando, a suo carico, l'istigazione alla calunnia. Il processo attinente alla vicenda di detto (falso) verbale è ancora in corso. È singolare che nessuna traccia del parallelo procedimento sulla falsità del verbale sia stata fatta confluire nel diverso procedimento nel quale tale atto ha avuto rilievo investigativo; ciò con evidente grave nocumento per il diritto di difesa e per l'accertamento della realtà dei fatti; la Procura della Repubblica di Bari, ignorando completamente i molteplici elementi, anche documentali, che militavano in favore del dottor La Rana, ha confezionato trenta capi di imputazione a carico del predetto magistrato, formalmente denominato all'anagrafe giudiziaria barese «Geotropa Nanni», con la conseguenza che l'interessato non poteva accedere alle doverose notizie risultanti dal casellario giudiziale, proprio perché iscritte al citato nome di fantasia «Geotropa Nanni», piuttosto che, come imposto dall'articolo 335 del codice di procedura penale, all'effettivo nome dell'indagato, dottor Antonio La Rana; per quindici dei contestati reati è stata chiesta l'archiviazione, ma non al giudice per le indagini preliminari, giudice naturale indicato dal codice di rito, bensì al giudice dell'udienza preliminare. Lo scopo appare, evidentemente, quello di utilizzare tutta la mole delle imputazioni per indurre a un convincimento colpevolista il giudice dell'udienza preliminare di Bari. Obiettivo, questo, che risulta effettivamente conseguito per avere il giudice disposto il rinvio a giudizio del dottor La Rana e degli altri undici coimputati, senza mai deliberare su nessuna delle singole eccezioni e richieste istruttorie avanzate dai difensori; dopo la separazione dei processi disposta dal Tribunale di Bari per ragioni di incompetenza territoriale, già, peraltro, sollevate, invano, dai difensori, le ipotesi di tutti i gravi reati contestati si sono dissolte sulla base della sola lettura dei capi di imputazione, inidonei a sostenere l'accusa. Ciò, in sostanziale conformità alle richieste dei pubblici ministeri di udienza, i cui rappresentanti, frattanto, erano mutati; infatti, il tribunale di Bari, pur in presenza dell'intervenuta prescrizione dei reati contestati, ha assolto il dottor La Rana da tutti gli addebiti; l'epilogo della vicenda - risolta in termini di puro diritto e sulla scorta di prove documentali acquisite sin dalle primissime battute dei procedimenti - ha richiesto il trascorrere di oltre otto anni; l'avvicendarsi di numerosi magistrati, circa quindici; l'intervento di numerosi uomini delle forze dell'ordine chiamati a lavorare anche in trasferta; l'uso di materiale per innumerevoli intercettazioni telefoniche ed ambientali corredate da pedinamenti; l'assistenza legale di svariati difensori degli imputati, i quali ultimi, sono, nella gran parte, dipendenti dello Stato e, pertanto, avranno presumibilmente premura di richiedere il rimborso delle spese legali sostenute, essendo il valore economico globale della spesa, secondo una prudenziale valutazione, di circa cinquecentomila euro, a cui andrà aggiunto quello, maggiore, dei danni, oggetto di probabili future richieste di risarcimento, sofferti dagli imputati che, in conseguenza dei richiamati processi, hanno persino subito trasferimenti d'ufficio, rallentamenti della carriera o coazioni al pensionamento anticipato; è assolutamente indispensabile prevenire siffatte aberrazioni, analoghe a quelle in atto descritte, tenuto anche conto che, paradossalmente, tutti i magistrati intervenuti nella richiamata vicenda processuale sono in servizio con identiche funzioni; i presunti autori della relazione di servizio falsa sono in servizio nel medesimo nucleo operativo dei carabinieri di Vasto; è ancora pendente il procedimento penale a cui si riferisce la falsa relazione, attribuita a due carabinieri nella inconsapevolezza degli imputati; è stupefacente e incontrovertibile, in ogni caso, che l'ingente spesa che ha gravato e che graverà sulla collettività è il prodotto di indagini promosse su fatti ritenuti dagli organi giudicanti insussistenti in modo evidente. Toto chiede "se il Ministro della Giustizia, vagliati i fatti, non intenda avviare iniziative ispettive ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza".