Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta indirizzata dal consigliere regionale Giuseppe Tagliante (Pdl) all'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, dopo gli appelli e le dichiarazioni del presule sull'attuale panorama politico, in particolare nazionale. "Padre Bruno, Ho molto apprezzato i Suoi recenti appassionati appelli, a cominciare da quello apparso su Il Sole 24 ore in anticipo sulle stesse dichiarazioni del cardinale Bagnasco, sulla necessità di non stare più a guardare e di non cedere alla tentazione del compromesso nel momento in cui 'esiste una questione morale nell’attuale crisi che attraversa il Paese'. Mi permetterà pertanto di indirizzarle questa breve nota a margine, alla quale affido il compito di segnalarLe alcune modeste riflessioni sui temi da Ella affrontati intendendo con ciò anche rassicurarLa sulla presenza di persone impegnate nella politica le quali non hanno alcun motivo di risentirsi dei Suoi richiami o di chiudersi in un silenzio che potrebbe essere male interpretato. Entrando senza indugio in medias res, Le confesso senza alcun imbarazzo che condivido tutto quanto sostiene nella Sua impietosa analisi, ma che trovo sotto certo versi fuorviante riferire la questione morale soltanto alla sfera della politica e dei politici, ricompresi tutti indistintamente nella cosiddetta 'casta', quando, a ben vedere, Eccellenza, le 'caste' o le 'corporazioni' che allignano in Italia sono tante e tutte con enormi responsabilità nell’aver favorito l’attuale stato d’emergenza. I politici (ma sarebbe più giusto in questo caso parlare di semplici politicanti) hanno certamente le loro colpe ma nella stessa misura, anche dal punto di vista morale, da quei sindacati, ad esempio, che proteggono i loro privilegi e fanno finta di non capire che occorre cambiare tipo di Welfare, e non meno da quegli imprenditori che non pagano le tasse ed esportano capitali e tecnologie all’estero; da quei grandi commis di Stato o manager che percepiscono ingaggi e liquidazioni da capogiro indipendentemente dai profitti delle aziende; da quei giornalisti o editori che, come nella favola di Fedro, guardano la bisaccia di chi sta loro davanti e mai quella sulle loro spalle; da quei magistrati che si spingono spesso oltre l’amministrazione della Giustizia; da quelle banche che, nell’interesse di un capitale senza nome e senza patria, si danno alle più vergognose operazioni finanziarie e mi fermo qui, essendo l’elenco tanto, ma tanto lungo. Ritengo che queste cose dovrebbero esser dette e con la medesima enfasi, Eccellenza, non al fine di assolvere tutti con la formula del 'mal comune mezzo gaudio', ma per non avvilire e mortificare ulteriormente quanti non hanno mai cessato di credere nella 'buona politica', nonostante il senso d’impotenza e il dolore, piuttosto che il 'disgusto', ne abbiano messo a dura prova la capacità di resistenza. Diversamente si corre il rischio della confusione, del giustizialismo e dell’insorgenza di un’antipolitica che, quando si scatena, non salva neanche quanto c’è di buono e che, nella storia anche recente, è stata quasi sempre foriera di rimedi peggiori del male. Sono convinto per il resto che la politica necessita di cambiare passo e direzione, metodo di selezione e di reclutamento della rappresentanza (plaudo per questo all’annunciata riforma della legge elettorale sulla spinta della richiesta di referendum), così come di nuove regole di funzionamento e di gestione dei partiti i quali non possono più essere padronali o presidenziali, lontani dagli interessi reali della gente e del territorio. Deve fare, la politica italiana nel suo complesso, un bel bagno d’umiltà, esattamente com’è stata capace di fare la Chiesa Cattolica con la sofferta ma fermissima condanna della pedofilia da parte di Papa Benedetto XVI, ma accompagnata dallo sforzo di restituire al Paese una temperie culturale e valoriale che oggi decisamente manca ma che è la premessa indispensabile per uscire dalla crisi e per comprendere con maggiore lucidità e senso di equilibrio le reali necessità del Paese, a cominciare da quelle dei giovani ai quali bisogna restituire il diritto al futuro ed al lavoro e dalle nuove povertà che stanno emergendo nel tramonto della società del Benessere e del Consumismo. Il problema dei problemi oggi in Italia (in particolare ma non solo) non è paradossalmente tanto quello economico, di cui si sente ovviamente tutta la gravità, ma l’assenza di riferimenti spirituali e culturali che possano restituire contenuti e programmi alle categorie consunte ed oggi indifferenziate della Destra e della Sinistra fossilizzate in una sterile contrapposizione sul berlusconismo. Il centrodestra, per quanto mi riguarda, deve mostrarsi, adesso come non mai, all’altezza di questo compito, che definirei storico, recuperando ed infuturando in un organico progetto politico la sua vocazione liberale sulla quale poggiare una concezione dello Stato e dell’Economia che rappresenti in modo armonico i bisogni degli individui e della collettività nel suo insieme ed un’etica sociale caratterizzata (in maniera specifica e non generalista, oso precisare, Eccellenza) da principi che discendono dalla morale cattolica e dalla Testimonianza della Chiesa in materia di diritto alla vita, di bioetica e di famiglia. Il bene comune non può più attendere e necessita certamente delle scelte indifferibili da Lei indicate, Padre Bruno, ma, se posso dirlo, ha bisogno innanzitutto di un clima di ritrovata pace sociale che renda agevole l’impegno di persone equilibrate, preparate e dalle idee giuste. Con filiale devozione, Giuseppe Tagliente"