E' in programma domani pomeriggio la seduta, in convocazione straordinaria, del Consiglio comunale di Vasto, chiamato ad occuparsi della questione della possibile soppressione del Tribunale locale. Sulla prevista 'riforma' del sistema giudiziario, con attenzione incentrata proprio al taglio dei Tribunali cosiddetti 'minori', interviene l'avvocato Salvatore De Simone, del Foro di Vasto. "La riforma epocale della Giustizia annunciata dal Governo dapprima si è sostanziata sul c.d. 'processo penale breve', che meglio si definirebbe 'processo della prescrizione', erroneamente scambiato in 'processo celere' e di poi da tale epocale impostazione (sic) si è passato al c.d. 'processo lungo' dal numero dei testimoni indefinito. E, insomma, il Parlamento è diventato la c.d. sartoria su misura per leggi ad personam. Ma la produzione legislativa si è poi concentrata nella manovra anti-crisi ed in un altro capolavoro – nella legge delega – che definire di macelleria legislativa-giudiziaria è eufemismo confortante: la soppressione di ben 63 Tribunali c.d. minori. Non si è introdotto un emendamento nella legge delega per ridurre sprechi e sperpero del denaro pubblico, ma il taglio dei Tribunali minori, evidentemente ritenendo quelli maggiori, luoghi di celere giustizia e cioè di buon funzionamento della giustizia. Insomma si è ritenuto che la riorganizzazione degli Uffici Giudiziari – attraverso la soppressione di ben 63 uffici circondariali – costituisse recupero di efficienza e di risparmio. E non tenendo conto né della rivisitazione territoriale della geografia giudiziaria, né della soppressione delle Province, con la creazione di enti regionali, idea quest’ultima del Calderoli costituzionalista. E di leggi 'porcellum' la storia di questo Parlamento di nominati è piena. Si sono così tagliati i piccoli Ospedali, si tagliano i Tribunali minori e non le sacche della spesa improduttiva, del parrassitismo burocratico-clientelare; non i rimborsi elettorali, non quelli alla stampa, non la spesa improduttiva. Bastava, sul fronte della Giustizia, un maggior rigore nella spesa sulle intercettazioni, sulle consulenze, sul gratuito patrocinio, nell’evitare il risarcimento dei danni dalla lunghezza dei processi, nel controllo delle spese delle utenze, etc. Ci si aspettava dal Ministro Palma, magistrato di lungo corso, il rilancio della Giustizia Civile e Penale attraverso la velocizzazione delle procedure. Il dr. Mario Draghi ricordava che la lentezza del processo civile è tale che non fa crescere le imprese e sottolineava che l’Italia si colloca al 157° posto su 183 nella graduatoria mondiale per la lentezza delle cause civili. Ci si aspettava l’introduzione di una normativa sulla diversa organizzazione del lavoro, accendendo i riflettori sulla durata dei processi penali, che si estinguono per prescrizione, e dei processi civili, la cui lentezza provoca condanne risarcitorie; ci si aspettava l’introduzione non timida della normativa processuale sul lavoro dell’Avvocatura e della Magistratura e non la soppressione dei Tribunali minori, luoghi di amministrazione della giustizia vera e celere. La settima potenza economica mondiale, la seconda industria manufattiera d’Europa, non può ridursi a negare il servizio-giustizia, quando invece andava ridotta la spesa pubblica. Non si possono ridurre i Tribunali per un solo risparmio di spesa di 60 milioni di euro, quando abbiamo più di mille miliardi di patrimonio pubblico largamente infruttuoso, quando le spese militari sono incontrollabili, quando l’ammontare del finanziamento pubblico ai partiti ammonta a 700 milioni. La logica degli esperti di via Arenula è incomprensibile. A questo punto occorre dire basta a siffatte riforme che subito dopo dovranno essere riformate. Se – poi – vogliamo essere più puntuali occorre dire che il servizio giustizia è un diritto, al pari di quello sulla salute, che non può essere negato dalla nomenclatura romana. Ma s’impone di precisare che i diritti alla salute, alla giustizia, cioè i diritti civili e politici, sono ineludibili, sono cioè una cosa seria, a fronte dei diritti sociali che non possono essere considerati come delle garanzie immodificabili nel tempo e che risentono dell’andamento dell’economia e della demografia. Tale distinzione, ove fosse tenuta presente, costituiva una ulteriore considerazione per respingere la soluzione del taglio dei Tribunali minori. Di qui l’ostilità verso la politica, nei confronti di politici nominati e non eletti, il pericolo che i cittadini li vadano a caricare con i forconi, indignati dell’ingiustizia subita. Oggi quel ceto politico è composto di un milione e trecentomila persone, affetto dal randagismo alla 'Scilipoti', che costituisce per la gran parte zavorra politica avverso cui ribellarsi diventa ineludibile".