RIPARLIAMO DI DONNE E NON CERTO PERCHé è L'8 MARZO... DI QUESTA 'FESTA' NE FAREMMO VOLENTIERI A MENO

La riflessione di una 'persona comune'

Patrizia Mascetra
08/03/2011
Attualità
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Riparliamo - ma sarebbe ancora meglio poter dar loro voce - di un altro tipo di donne, diverse da quelle di cui si sta parlando in questi giorni. Delle donne parlano quasi sempre le donne privilegiate, di successo (scienziate, giornaliste, scrittrici, politiche, attrici) che grazie al loro impegno e alle loro capacità ce l’hanno fatta e per le quali proviamo, quasi sempre, profonda ammirazione quando sono all’altezza di rappresentarci. Ma sono, almeno loro, donne che hanno possibilità estranee a molte delle donne che rientrano in un profilo, per così dire, comune. Per questo vorrei che avessero l’opportunità di farsi sentire le donne che: sono sottomesse per “statuto”, a partire da contesti familiari in cui capiti che il loro lavoro e la loro fatica non siano neanche degni di rispetto perché ritenuti dovuti; per la famiglia rinunciano a se stesse, spesso anche al loro lavoro e che in cambio non ricevono nessun tipo di tutela; si laureano con il massimo dei voti e non trovano lavoro, ancor meno degli uomini, o se lo trovano prendono 700 euro al mese, e comunque meno dei loro colleghi; al lavoro, per occupare posti di responsabilità, devono essere dieci volte più capaci (anche a dimostrarlo) degli uomini e non è detto che ci riescano; sono brave, colte, preparate ma che vengono guardate con sospetto, sufficienza ed incredulità; sono separate e crescono i figli da sole, spesso anche economicamente, ma che, per lo straordinario amore per quei figli, soffrono in silenzio e non reagiscono; nonostante sacrifici e rinunce, non ce la fanno a far arrivare la famiglia a fine mese; sono “una”, per caso o per scelta, nonostante una società fatta per “due” (possibilmente viciiini, viciiini…); si devono occupare degli anziani, dopo essersi occupate per una vita di marito e figli, perché il problema dell’accudimento degli anziani è come se riguardasse solo loro; subiscono violenze, ricatti psicologici o stalking e tacciono per quieto vivere o per paura; vengono uccise perché quell’uomo che non le ha rispettate, che non le ha considerate, dopo averle perse, si accorge che non può vivere senza di loro e infine... quelle che per andare a cena con le amiche la sera dell’8 marzo devono affannarsi l’intera giornata per lasciare tutto organizzato, pronto e cucinato per “espiare” la colpa di una serata all’anno di “libertà vigilata”. Di recente per le donne è stato necessario riaffermare di nuovo, in modo più forte e chiaro del solito, il loro diritto alla dignità, alla parità, al rispetto, alla libertà. Evidentemente ce n’è ancora bisogno e sarà così fino a quando non ci sarà rispetto e considerazione reciproca delle specificità e delle eccellenze degli uomini e delle donne e quindi una crescita morale, culturale e politica che è ancora e sempre più lontana.

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