Torna alla ribalta il caso di malasanità riguardante la morte del piccolo Paolo Alinovi - figlio della coppia vastese formata da Barbara Maragna e Mario Alinovi - il cui cuoricino, a tre mesi di vita, ha cessato di battere due anni e mezzo fa dopo un intervento chirurgico (che era stato definitio di routine) all’ospedale di Pescara. Un caso che ha avuto ampia risonanza nazionale per effetto della forza di volontà dei genitori mai rassegnatisi a quella che a loro è subito parsa come malasanità, caso sul quale è ancora in corso un’inchiesta, coordinata dalla Procura di Pescara, che vede indagate 11 persone, fra primari, medici di turno e anestesisti. Un’ultima relazione dà ulteriore ’corpo’ alla vicenda. E si registra uno di quei rari casi in cui i medici ‘accusano‘ altri medici. In estrema sintesi il servizio ispettivo della Direzione Politiche della Salute ammette che per la morte del piccolo Paolo qualche responsabilità non manca. Al termine della verifica ispettiva, richiesta dalla Commissione parlamentare sulla malasanità presieduta dal senatore Leoluca Orlando, si afferma testualmente che “la gestione post-operatoria del piccolo paziente avrebbe potuto essere adeguata alle regole di buona pratica clinico-assistenziale attraverso la degenza presso una terapia intensiva, anziché presso un reparto di degenza ordinaria, come è avvenuto“. Una relazione che è firmata da quattro professori (Francesco Chiarelli, Pietro Falco, Giuseppe Rosani e Angelo Muraglia) ai quali il Servizio ispettivo è dovuto ricorrere. Il gruppo di lavoro ha dovuto ripercorrere il percorso ospedaliero di Paolo Alimovi a Pescara, a cominciare da quando venne sottoposto al primo intervento chirurgico al colon il 26 maggio 2009, venti giorni dopo la nascita avvenuta già con qualche complicanza. Nella relazione si fa pure notare la difficoltà incontrata per desumere la storia clinica e poi si passano alla seconda, lunga operazione del 26 luglio 2009, sempre all'addome. “Premesso che l'intervento si era protratto per sette ore - si legge - si ritiene che la fase post-operatoria non sia stata gestita in modo ottimale. Dalla documentazione della direzione sanitaria emerge che non sono stati tenuti in debita considerazione i livelli degli elettroliti ed in particolare della potassemia (...) Inoltre, in relazione all'anemia segnalata dal personale al medico di guardia, non risultano consequenziali ed immediati provvedimenti medici“. Erano le ore 7,49 del 29 luglio, alle 11 il cuore di Paolo Alinovi ha cessato di battere. Per Mario Alinovi, alla luce di quest’ultima relazione, gli operatori sanitari indagati vanno immediatamente sospesi.