Di seguito l'intervista di Maurizio Piccinno, pubblicata nell'edizione del 16 luglio sul quotidiano regionale abruzzese ''Il Centro'' all'ex ministro Remo Gaspari in merito agli arresti nella sanità in Abruzzo. «A Ottaviano Del Turco gli auguro con tutto il cuore che sia innocente. Prego Iddio che risulti incolpevole, sarebbe per me un grande regalo, un regalo per la fine della mia vita. Voi non potete sapere cosa provo in questo momento, io che ho sognato e portato l'Abruzzo in testa alle Regioni europee. Spero il Signore che queste ruberie non ci siano mai state. L'Abruzzo ha un popolo forte, stimato in tutto il mondo per la sua correttezza e onestà». Commosso, incredulo, amareggiato, alle lacrime, così appare l'ex ministro Remo Gaspari. Ha la voce rotta dall'emozione, ripete che «non può essere vero». E nella sua analisi è severo con tutti. Onorevole Gaspari la scorsa settimana in una intervista al Centro per i suoi 87 anni, lei ci ha parlato del rischio sanità. Della bancarotta e dei suoi timori sul malaffare. Cosa pensa oggi dopo gli arresti e i milioni di euro che, secondo la Procura di Pescara, sono stati versati al presidente Del Turco e ad altri esponenti della Regione? «Una sciagura maggiore non mi poteva capitare. E' la fine della mia vita. Perché questa è la fine dell'Abruzzo. Appena ho sentito la notizia ci ho creduto, poi mano a mano sono diventato incredulo. Ho pensato: ''il procuratore Trifuoggi si è sbagliato. La magistratura si sbaglia''. Ho cercato di trovare una mia giustificazione a questa tragedia. Non capisco come hanno potuto fare una cosa del genere». Per lei è davvero tutto così impossibile? «Non del tutto. Mi chiedo come hanno potuto far diventare assessore regionale Antonio Boschetti che è stato implicato in vicende dove sono spariti 5 miliardi di lire, come nel caso della storia dell'aquedotto di Lanciano. Una vicenda dove c'è una sentenza della Conte dei Conti che obbliga, tra l'altro, questo personaggio politico a risarcire parte del danno». Lei conosce il presidente Del Turco? «Lo incontravo tutte le domeniche alle partite della Lazio e della Roma. Lo stimavo molto, come sindacalista era l'aggiunto di Luciano Lama che ha collaborato a lungo con me. Sono stato in diversi ministeri ed avevo per Lama una grande e meritata stima. Per me Del Turco era una persona di grande prestigio ed io l'ho votato con speranza e fiducia. Il problema è che oggi è finita per tutta la classe politica regionale abruzzese». Non è troppo severo nel generalizzare il giudizio? «No, e le spiego. Chi sapeva e taceva ora deve andarse, ma anche chi non sapeva non può rimanere perché non è idoneo a stare in politica».