IL VELO OFFENDE I VALORI? ATTUALITA' A MARGINE DEL DIBATTITO SULLA LEGGE 'ANTI-BURQA'

Rosa Milano
29/01/2010
Attualità
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Sta facendo discutere la proposta di legge “anti-burqa” sottoscritta da tutto il gruppo parlamentare della Lega. Il testo prevede il divieto di utilizzare «senza un giustificato motivo» caschi o qualsiasi altro tipo di oggetto o indumento che impedisca il riconoscimento della persona. Si apre quindi il dibattito sul burqa e il niqad anche in Italia, dopo che un altro paese, la Francia, ha deciso di avviare le procedure per proibirne l'uso in pubblico. Il burqa è usanza pre-islamica che non ha niente a che fare con l'Islam: infatti nel Corano è scritto: "Che della donna non si vedano altro che il volto e le mani". Premetto che sono per una società multietnica, penso che ognuno sia libero di poter scegliere dove andare a vivere, ma ritengo che i molteplici dibattiti sui valori e le leggi nati intorno a questa proposta possono certo essere interessanti, anche se non risolvono i veri problemi della vita e della quotidianità. E’ giusto che ognuno viva la storia del momento e nel luogo in cui si trova, senza rifugiarsi o nascondersi in usanze tribali e che la legge sia uguale per tutti. Infatti se proviamo a indossare la minigonna o andare in giro in topless nei paesi islamici la reazione non sarà certamente delle più democratiche. Non capisco perché quasi tutta la sinistra si ostini a presentare la proibizione del burqa come razzista. Non si può andare in giro, e non solo durante le pubbliche manifestazioni, senza essere identificabili, per questioni di sicurezza, ma soprattutto per rispetto della dignità delle donne. Perché noi cristiani quando andiamo in quei paesi, ci adeguiamo tranquillamente alle loro regole - come non esporre la croce e non fare proselitismo - e invece, in nome di una giusta reciprocità, non possiamo chiedere ai mussulmani di fare la stessa cosa quando sono a casa nostra? La legge è necessaria. Tuttavia, formare una società richiede oltrepassare il livello legislativo e raggiungere quello della civiltà. Qui non si tratta di utilizzare la legge per sapere qual è il limite di usare i miei diritti per impormi o aggredire l’altro che mi dà fastidio, ma, al contrario, è necessario preoccuparsi della convivenza fra due popoli. Il problema dell’Islam penso sia legato al fatto che esso è religione degli immigrati non tanto perché portatore di dogmi che non si combinano bene con quelli nostri, quanto perché mette in crisi la stessa Sovranità dello Stato. A differenza di altre religioni ha un peso imponente nelle società di accoglienza. Per questo motivo un ruolo fondamentale va attribuito alla scuola, che deve ridisegnare i confini di questo rapporto dal momento che rappresenta l’essenza dell’interazione tra le culture, dell’incontro tra le diverse anime della società civile. La convivenza adolescenziale deve fungere da traino verso un’integrazione europeista e liberista dell’Islam in un’ottica preventiva delle possibili future conflittualità con l’obiettivo del raggiungimento di una pari dignità tra i due credo, pur sempre nel rispetto delle regole sancite dallo Stato e dalla sua sovranità.

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