Ci siamo già interessati, su queste pagine, delle discutibili scelte operate dalla Corte di Appello de L'Aquila in merito alle nomine dei presidenti di seggio durante l'ultima tornata elettorale e delle relative polemiche sollevate da alcuni cittadini dell'Alto Vastese. In molti centri montani infatti ci sono giovani diplomati disoccupati o studenti universitari che si sono resi disponibili, presentando formale richiesta, a ricoprire l'incarico di presidente di seggio elettorale. Un'occasione di guadagno e di esperienza, ma sistematicamente le scelte operate a L'Aquila da qualche alto magistrato cadono su persone non residenti. Ecco spiegato il motivo delle proteste dei giovani diplomati e laureati che risiedono nei comuni del comprensorio montano. In effetti, a parità di requisiti, la scelta più logica parrebbe quella di nominare le persone che si sono rese disponibili sul posto. Ciò, lo ripetiamo, oltre ad essere più logico, ci sembra oggettivamente anche più equo, probabilmente la scelta più ''giusta'', tanto per restare in tema di giustizia, visto che ad operarla sono proprio dei magistrati di alto lignaggio. Sarebbe interessante quindi capire la ratio, la motivazione di queste scelte, perché ce ne deve essere una. Mettendo da parte la logica e le proteste condivisibili dei cittadini, resta valida comunque l'assoluta discrezionalità dei magistrati della Corte di Appello. Ma se non possiamo entrare nel merito della illogicità delle scelte, possiamo invece farlo sul tema del costo per la collettività di queste stesse opinabili scelte. Ci siamo presi la briga di fare due conti sulle spese elettorali di un piccolo comune del Vastese. A Schiavi di Abruzzo per esempio, su cinque presidenti di seggio designati per le ultime elezioni, ben quattro non erano residenti. L'indennità prevista per ciascun presidente è stata di 187 euro. A questa somma però, i quattro presidenti provenienti da fuori hanno aggiunto rimborsi viaggio, spese per i pasti, tutto regolarmente fatturato. A conti fatti ciascuno di essi ha avuto corrisposta una somma aggiuntiva che oscilla tra i 130 e i 170 euro. Se la matematica non è un'opinione si tratta di un aumento di spesa pari circa all'80 per cento in più rispetto alla quota fissa stabilita per legge. In totale le casse comunali si sono alleggerite di circa 600 euro in più rispetto a quanto sarebbe avvenuto se fossero state nominate persone residenti. Moltiplicando questa somma per migliaia di casi analoghi verificatisi su scala nazionale si fa presto ad arrivare a cifre considerevoli di denaro pubblico, è bene ricordarlo, spese inutilmente. La domanda allora è questa: i giudici della Corte di Appello possono decidere discrezionalmente di far spendere più soldi pubblici allo Stato?