Carlo Marchesani, scrittore e profondo cultore delle glorie patrie, oltre ad essere un ricercatore di stupenda lucidità intellettuale, ha curato la pubblicazione in volume delle ''Memorie istoriche del Vasto e dissertazione sulle iscrizioni lapidarie e sul culto di Giove Ammone'', scritte dal sacerdote Giuseppe de Benedictis nel 1759. Un'opera, sottolinea il curatore, ''rimasta, lo si può dire, ingiustamente inedita''. Si tratta di un lavoro monumentale il cui pregio si è voluto evidenziare, non solo sotto l'aspetto scientifico, ma anche storico. La pubblicazione è dovuta grazie all'associazione culturale ''Eredi Silvio Ciccarone'', oltre all'interessamento dell'ex assessore regionale Massimo Desiati, per il sostanziale contributo. Il curatore ha dovuto superare molti inconvenienti a causa delle pagine strappate del manoscritto, comparandole con la copia custodita nell'archivio della famiglia Ciccarone. Nelle ''Memorie istoriche'' si incappa nella ricostruzione storica della città del Vasto, che fu colonia romana, poi eletta a municipio, l'elencazione dei monumenti, la costruzione delle ''cisterne'' che servivano per assicurare il rifornimento idrico attraverso l'acquedotto delle ''luci'' e le varie diramazioni per alimentare le terme romane. Ed ancora, le vicende storiche con la dominazione longobarda, l'esistenza dei due castelli di Vasto, Aimone e Vasto Gisone, le casate dei capitani di Ventura Caldora, dei D'Avalos. ''Un'analisi oltremodo approfondita - rileva il curatore - dove il de Benedictis si sofferma a disquisire anche su una sola parola o su una semplice lettera abbreviata, e il tutto con il supporto di una esauriente serie di dati comparativi oltre alla solerte, puntuale documentazione delle fonti bibliografiche''. Un'altra caratteristica dell'opera è il capitolo dedicato al culto di Giove Ammone a Vasto, di cui si aveva una effigie visibile nei pressi della chiesa di Sant'Antonio di Padova. La divinità è raffigurata con le corna di ariete, sicché‚ il de Benedictis ne fa una descrizione ''attenta e precisa''. Che esistesse a Vasto un tempio dedicato a Giove Ammone, descritto nel libro del de Benedictis, sotto le fattezze di un montone, è provato dalle vestigia affiorate nel luogo in cui attualmente è la chiesa di Sant'Antonio (che fu di San Francesco d'Assisi) nel cui ambito era anche il tempio dedicato alla dea Cerere (dove, sulle cui rovine, venne costruita la chiesa di San Pietro, demolita per effetto della frana del 1956).
E tanto perché era stato rinvenuto un ''pavimento di lunghezza di palmi 44 e di larghezza 36, nel quale pavimento erano molte figure e, tra l'altro, una con la testa di montone''. Vi è da ricordare che in questa area ''archeologica'' sono stati scovati tre pavimenti appartenenti all'edificio termale: uno a mosaico con figure zoomorfe, floreali e geometriche; un secondo in marmo d'Egitto; l'ultimo ancora a mosaico con la figura di Nettuno col tridente che regge un delfino ed il correo delle Nereidi.
Nei sacrifici a Giove Ammone era consuetudine uccidere un montone, scuoiarlo e con la pelle coprire la statua del dio per ricordare che in tale sembianze si era mostrato a Ercole che lo aveva supplicato di mostrare il suo vero volto. Un tale rituale si celebrava a Histonium, sin dalla civiltà Osca, retaggio della gente Sannita. Ed a Vasto, in località Selvotta, si trovava il tempio di Ercole, di cui resta il frontone custodito nei musei archeologici di palazzo D'Avalos.